I sedicenni accusati tra freddezza e reticenza. "Volevano causare solo sofferenza e morte"

Nell'ordinanza di convalida dei due, spietata analisi del gip. All'udienza uno non parla, l'altro non si riconosce nei video

I sedicenni accusati tra freddezza e reticenza. "Volevano causare solo sofferenza e morte"
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Spietati, crudeli, reticenti. «Un'inclinazione violenta, dall'impulso criminale». Delitto di Pescara: nell'ordinanza di convalida del fermo per i due 16enni di buona famiglia, accusati di omicidio volontario aggravato, il gip sottolinea la loro cattiveria. «Ha prevalso l'impulso omicida, lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano, sino a integrare il motivo futile, inesistente, che cela l'unico vero intento. Cagionare sofferenza e morte».

All'udienza di convalida, il gip del Tribunale per i Minori dell'Aquila prova a interrogare gli indagati. Inutilmente. Il primo si avvale della facoltà di non rispondere, l'altro ammette a denti stretti che quella domenica maledetta c'era pure lui al parco Baden Powell ma di non riconoscersi nelle immagini delle telecamere. E che aveva una pistola. Nessun pentimento, non una sola lacrima per il loro coetaneo massacrato con 25 coltellate sferrate a turno dai due assassini. «Una questione di rispetto», spiega il primo, Marco, agli altri del gruppo prima di mettere in atto la trappola per uccidere Christopher Thomas Luciani, 16 anni, «colpevole» di non aver onorato un debito di 200 euro una compravendita di hashish. Un piano ideato prima di andare in spiaggia per una nuotata. Sanno che Christopher, allontanatosi il venerdì da una comunità, «bazzica» la zona della stazione. E lì lo vanno a cercare assieme ad altri amici. Marco, figlio di una nota avvocata, porta con sé un lungo coltello da sub, in uno zainetto ha il cambio, una t-shirt e un paio di bermuda. Filippo, genitori separati, padre maresciallo dei carabinieri, ha una pistola nei pantaloni. Scarica, spiega agli amici, «per spaventare l'albanese». Ma Filippo non lo conosce nemmeno Christopher, gli sferra 10 coltellate solo per «amicizia» con Marco. Primo mistero: dove ha preso Filippo quella pistola? Scomparsa nel nulla, come l'arma del delitto gettata da Marco in mare aperto, oltre gli scogli, fra uno spinello, un selfie e uno sfottò sul cadavere di Christopher a un'ora dalla mattanza.

Due: la maglietta sporca di sangue. Quando la polizia lo va a cercare Marco non c'è. È notte, i genitori lo chiamano, lui accorre. Gli agenti intanto sequestrano i suoi abiti nella cesta dei panni sporchi. Fra questi maglia e calzoncini ripresi dalle telecamere all'uscita del parco, dopo il cambio. Successivamente gli inquirenti si accorgono che manca la prima t-shirt, quella che Marco indossa durante il delitto. Tornano a casa, la cesta adesso è vuota. Che fine ha fatto la maglia sporca? «Mia madre fa il bucato anche di notte», dice il padre del ragazzo. Viene ritrovata e repertata a Montesilvano, a più di 11 chilometri di distanza.

Un tentativo maldestro di sbarazzarsi della prova regina? Ma a inchiodare i due killer sono le telecamere, le dichiarazioni dei cinque testimoni, soprattutto del 16enne che ha assistito all'accoltellamento e che ha denunciato il fatto, le tracce ematiche della vittima sui loro indumenti. Oggi i funerali di Christopher.

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