I viaggi segreti di Di Pietro che allarmarono gli Usa

Negli anni di Mani pulite il pm rese noti i rapporti con le agenzie americane. L'irritazione dell'amministrazione Bush sr.: "I suoi nemici ora lo usano per dimostrare la nostra collusione"

I viaggi segreti di Di Pietro che allarmarono gli Usa

Riserbo e discrezione. Gli americani volevano che il viaggio negli Stati Uniti di Antonio Di Pietro rimanesse segreto. E ci rimasero male quando lui divulgò la notizia dell'invito ricevuto dall'Usis (United States Information Office). Le carte della diplomazia a stelle strisce, di cui il Giornale è venuto in possesso grazie al professor Andrea Spiri, riservano altre sorprese. E svelano retroscena a cavallo fra politica e giustizia sui nostri anni più difficili: quelli della cosiddetta rivoluzione di Mani pulite.Questa volta il file, conservato al Dipartimento di Stato di Washington e desecretato come tutti gli altri fra il 2012 e il 2015, riguarda il magistrato simbolo del pool e si colloca nell'ottobre 1992. Dunque in un periodo caldissimo, con Di Pietro sempre più popolare e il potere politico della Prima Repubblica in rapido declino. In quelle settimane l'inchiesta milanese, partita il 17 febbraio con l'arresto di Mario Chiesa, sta risalendo la piramide del partito socialista: Bettino Craxi è ormai nel mirino dei pm, anche se ad ottobre non è ancora stato indagato e non ha ricevuto avvisi di garanzia. Ma voci, indiscrezioni e suggestioni corrono insieme ai verbali degli inquisiti e l'opinione pubblica ha capito che il vecchio sistema di potere è ormai a un passo dal capolinea.In questo contesto l'ambasciatore Peter Secchia scrive un report a Washington per sottolineare che Di Pietro ha commesso un errore: ha reso noti i propri rapporti con le autorità americane, in particolare con l'Usis, l'agenzia che ha organizzato una trasferta oltre Atlantico dell'uomo più famoso d'Italia. «Il segretario del partito socialista Craxi, sotto crescente attacco - nota Secchia nel documento datato 15 ottobre 1992 e classificato come confidential - si atteggia a capro espiatorio cercando di addebitare i suoi problemi agli americani, che egli vede operare dietro le quinte come la vera forza che ispira le inchieste sulla corruzione di Antonio Di Pietro».L'ambasciatore, che si rivolge ai suoi referenti dell'amministrazione Bush, è preoccupato perché conosce i rapporti fra Di Pietro e la diplomazia Usa; in particolare lo impensierisce la chiamata che il magistrato ha ricevuto dall'Usis: «Un invito a Di Pietro dall'Usis potrebbe aver incoraggiato involontariamente questa visione». A cosa si riferisce Secchia? Il file, sintetico, non lo chiarisce ma probabilmente l'ambasciatore allude ad uno dei quattro viaggi compiuti dal pm in quegli anni cruciali negli Stati Uniti. Missioni che sono da sempre oggetto di polemiche, presunti misteri, interpretazioni: da più parti si sostiene che in quelle occasioni Di Pietro abbia unito impegni professionali, legati alla sua attività nel pool, ad incontri blindati con personaggi dell'establishment, forse magistrati o membri dell'Fbi, che gli avrebbero garantito una sorta di copertura della sua devastante attività». Ora le parole di Secchia, fin qui sconosciute, alimentano nuove riflessioni: «Nonostante il nostro consiglio contrario, Di Pietro ha parlato pubblicamente di questo invito e i suoi nemici lo stanno utilizzando per dimostrare la nostra collusione». Insomma, qualcuno cercò di convincerlo a sfumare sull'argomento, ma Di Pietro fece di testa sua. Col risultato di rinfocolare dubbi e letture dietrologiche che Secchia pare escludere. La lettura del file mostra altresì che la frequentazione di Di Pietro con il mondo a stelle e strisce era assai articolata e aggiunge un nuovo capitolo alle relazioni già conosciute. Ci furono i viaggi negli Stati Uniti, ma non solo; sappiamo che in epoca insospettabile il console Peter Semler, evidentemente dotato di straordinarie antenne, interloquiva, con la benedizione di Secchia, con il pm ancora sconosciuto e il pm - che però smentisce su tutta la linea - gli avrebbe anticipato gli arresti clamorosi che poi puntualmente sconvolsero l'Italia.Sappiamo anche che il nuovo ambasciatore Reginald Bartholomew, espressione dell'amministrazione Clinton, decise nel '94 di troncare ogni rapporto con Di Pietro, che non incontrò mai e con i magistrati del pool che a suo giudizio violavano i diritti della difesa e costituivano un pericolo per la democrazia. A dircelo è stato lui stesso in un'intervista concessa a Maurizio Molinari della Stampa nell'estate del 2012, un mese prima di morire. Non si sapeva, invece, che Secchia avesse fatto pressioni su Di Pietro per evitare il propagarsi di notizie ritenute pericolose.Restano i dubbi sull'ostilità di Washington verso Craxi e il suo mondo. Molti continuano a pensare che dietro Mani pulite ci sia stata la manina degli Usa che avrebbero voluto far pagare al leader socialista il «tradimento» avvenuto nel 1985, nella notte di Sigonella.

Ma proprio le carte desecretate di recente e studiate dalla fondazione Craxi dimostrano che non fu quell'episodio a far saltare il legame fra Roma e Washington e fra Craxi e Ronald Reagan. Lo strappo, se ci fu, avvenne dopo: forse quando Craxi salvò Gheddafi soffiandogli l'imminente bombardamento americano.

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