
I malumori tra partner europei anticipati dal Giornale, cresciuti attorno all'operazione «Volenterosi», ieri hanno preso vita. Plasticamente. All'ennesimo vertice promosso dal tandem franco-britannico, Parigi e Londra hanno chiesto di accelerare la pianificazione su 4 punti. Sicurezza nei cieli ucraini, terra e mare e rigenerazione delle forze gialloblù. Da risolutiva che doveva essere, la giornata è stata una corsa a dare forfait. I ministri della Difesa dell'Ue (e non solo) erano attesi nella base Nato di Bruxelles; prima la Spagna, poi la Germania e pure l'Italia hanno trovato il modo di non partecipare con la quota politica.
Con brevissimo preavviso, molti ministri non si sono presentati. Al loro posto, alti ufficiali della difesa per evitare di umiliare i due detentori europei dell'arma nucleare. Ma come? Non era tutto o quasi pronto per la missione sbandierata da Macron e Starmer che hanno inviato a Kiev un generale e un ammiraglio per parlare di «città strategiche» da presidiare? Tutt'altro. La trentina di emissari di altrettanti Paesi ieri ha tirato il freno a mano rispetto a quanto dichiarato nei giorni scorsi dall'Eliseo. «Niente di deciso», sintetizza una fonte militare. Nulla, almeno, di condiviso in assenza di preludi diplomatici e di una cornice che includa gli Usa. L'altro senior partner di Parigi, il ministro della Difesa britannico Healey, ha ammesso che «di significativo c'è più unità nel vedere una Coalizione disposta a garantire la pace, a scoraggiare la Russia nel lungo termine e proteggere le nostre nazioni, la pace in Ucraina è un bene per la sicurezza europea». Ma niente concordia sull'invio truppe ventilato invece da Macron; bypassando un accordo di pace o almeno di cessate il fuoco preventivo.
Da Mosca si minacciano ritorsioni immediate. Esiti imprevedibili. Eppure Parigi e Londra lavorano a varie opzioni operative; molto diverse dal peacekeeping. Per queste ragioni la Coalizione dei Volenterosi è sull'orlo di sgretolarsi come se non fosse mai esistita e fosse stata frutto di un'allucinazione collettiva spinta dagli annunci macroniani. Mancano i presupposti. E soprattutto il Sì degli Stati Uniti a offrire copertura dei cieli condividendo informazioni di intelligence e immagini provenienti dai satelliti Usa; occhi nello spazio in grado di scoraggiare ritorsioni russe (o prevederle). Cosa resta, dunque, della «forza di rassicurazione»? Un tandem (nella più nobile delle interpretazioni); pericoloso preludio, secondo altri partecipanti, di una crisi più profonda con la Russia in caso di missione senza ombrello Onu o Nato. L'intenzione d'Oltralpe è accelerare. «Tre aziende francesi» pronte a insediarsi in Ucraina per produrre armi e rifornire le scorte di Kiev (e andranno difese). Starmer segue Parigi sul solco bellicista ammantato di paure innestate nelle società. Il 27 marzo Macron spiegò che «non serve l'unanimità perché questa missione prenda vita». Risultato: anche la Polonia si è sfilata dal mandare truppe. Idem la Grecia. La Finlandia ha ricordato che l'obiettivo deve essere un cessate il fuoco, non il caos. «Lanciamo un chiaro messaggio al popolo ucraino e a Putin: siamo al loro fianco nella pace», ha detto ieri Healey. Per ora, un fallimento certificato dai forfait. Doccia fredda pure da Washington: dando conto del pressing francese e britannico anche sulla Casa Bianca, ieri Bloomberg confermava che Gran Bretagna e Francia, con varie telefonate, hanno cercato di convincere Trump a offrire potenza aerea, sorveglianza delle frontiere e 007 anziché truppe, ma il presidente Usa ha rifiutato vista la sua volontà di abbozzare accordi dialogando con Mosca e Kiev.
Perfino la estone Kallas ieri ha chiesto qual è lo scopo dei Volenterosi: «Dobbiamo chiarire gli obiettivi, un conto è una missione di peacekeeping, un altro il monitoraggio o la deterrenza: permangono sensibilità diverse». Anche dall'Alto rappresentante Ue, l'invito a lavorare «per tenere gli Usa con noi».
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