In fuga nella notte, con un altro morto e un ferito sulla coscienza e nel curriculum di killer che sta terrorizzando da 10 anni e una settimana le campagne fra Bologna e Ferrara.
Dalla via Emilia al far west, in questo scampolo di «Bassa» si è vissuta un'altra notte di terrore. Ancora a firma di Igor Vaclavic, 40 anni, il «russo» che, ieri sera, una settimana esatta dopo l'omicidio di Davide Fabbri, barista di Budrio, è tornato ad uccidere un uomo e a ferirne un altro. Sette giorni di fuga, due morti ed un ferito. Sulla sua via scellerata di fuga Igor «il russo» ha incontrato stavolta l'occhio attento di Valerio Verri, guardiapesca volontario che stava perlustrando la zona intorno a Molinelle, a sud di Portomaggiore, nel ferrarese, 10 chilometri da Budrio. Vaclavic deve averlo appena guardato in volto prima di sparargli a bruciapelo con un'arma che sembra aver sottratto all'altra guardia provinciale, Marco Ravaglia, ferito gravemente, ma non in pericolo di vita. Due uomini a terra e Vaclavic che fugge e sfugge di nuovo, a bordo, stavolta, di un fiorino bianco, rubato poco prima a Molinelle. La sua corsa che prima si era diretta verso nord e quel ferrarese che lui consce bene perché è stato terreno di conquista e scelleratezze negli ultimi 10 anni - , ha ripiegato verso sud e Bologna. Le forze dell'ordine sono intervenute subito, spostando la loro serrata, pur infruttuosa, caccia all'uomo verso l'ultimo avvistamento. Il fiorino era lì, sulla provinciale. Ma Igor no. Non c'era già più. Di nuovo in fuga, a piedi. Braccato però da tutte le forze in campo che in nottata sono state supportate anche dai reparti speciali.
Igor Vaclavic dovrebbe avere le ore contate, ma ormai nella zona è difficile non far sfociare in terrore la paura e il dolore che hanno accompagnato costantemente le ricerche in questi ultimi sette giorni. E pensare che Vaclavic, in Italia, dopo una serie di condanne per aggressioni e tentato omicidio non doveva nemmeno esserci più per via di un doppio decreto di espulsione. E invece.
Uscito di prigione nel 2015 è sempre rimasto qui per uccidere, fra sabato scorso e ieri notte, altre due volte. Ora se anche l'omicidio di Davide Fabbri sarà attribuito alla sua mano killer, la soluzione di questo caso lascerà comunque aperte profonde ferite in questa fetta di Italia che attraversa giorni folli, amari e durissimi. Lui l'uomo senza identità sicura, senza passato, se non per quel curriculum nero di aggressioni e terrore. Di lui, chi lo aveva avvicinato - dagli avvocati al cappellano del carcere di Argenta aveva sempre fatto un ritratto gelido, misterioso, sfuggente. Igor Vaclavic, 40 anni, sedicente disertore dell'esercito russo con natali in Uzbekistan o forse in ex Jugoslavia. Non molto di più si sa di lui. Per accostare il delitto di Budrio a Vaclavic serve la certezza che arriverà dalle comparazioni degli esami compiuto dal Ris di Parma. Anche ieri l'uomo che ha ucciso la guardia era vestito in mimetica, da cacciatore, armato fino ai denti ed è piombato sulla sua vittima, all'improvviso. Esattamente come Vaclavic ha vissuto in questi anni: brado, libero, riparando fra campi e casolari dove era capace di sparire per giorni, salvo poi tornare a colpire. La stessa dinamica, per fortuna con un epilogo diverso, si era consumata tre giorni prima dell'omicidio di Budrio: a Consandolo, 30 km dal bar di Fabbri, una guardia giurata era stata aggredita e disarmata mentre stava controllando una piadineria.
L'aggressore allora si era accontentato della calibro 9, che potrebbe essere l'arma che, tre sere dopo, il 1 aprile, ha ucciso Fabbri. Ora servono le evidenze degli inquirenti. Ma soprattutto serve la cattura per tornare a vivere e non a sopravvivere.
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