Impegno Usa sulla Nato. Mosca: "Scontro vicino"

Biden: "Difenderemo ogni centimetro dell'Alleanza". Stoltenberg: "A Kiev situazione seria, servono aiuti"

Impegno Usa sulla Nato. Mosca: "Scontro vicino"
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L'Ucraina chiede i Patriot, la Nato offre un piano quinquennale da 100 miliardi e l'Ungheria si mette di traverso. Il meeting per i 75 anni dalla firma del Patto atlantico porta in grembo una serie di fattori: acceleranti, come la proposta del segretario uscente Jens Stoltenberg, immaginata per evitare che una possibile vittoria di Donald Trump chiuda i rubinetti verso Kiev; realistici, come la sortita del ministro degli esteri italiano Antonio Tajani tarata sulla condanna alla guerra e non al popolo russo; e di posizione, come il no di Orban al recovery fund per Zelensky.

Joe Biden ribadisce «il sacro impegno nei confronti degli alleati a difendere ogni centimetro del territorio della Nato». Nel mezzo, la situazione sul campo di battaglia che «resta seria» secondo Stoltenberg, molto convinto di uno scatto in avanti da parte dei paesi dell'Alleanza che ora «guarderanno alle scorte» disponibili, per cercare di inviare in Ucraina più sistemi per la «difesa aerea, in particolare missili Patriot». Per questa ragione ipotizza due scenari: uno più positivo, grazie alla massiccia mobilitazione degli alleati, così da permettere all'Ucraina di riconquistare più territorio; l'altro più pessimistico, con l'impossibilità di tale raccordo che lascerebbe così campo largo alla Russia, capace di «conquistare ancora più territorio e noi ci troveremo in una posizione ancora più pericolosa».

Conviene con il ragionamento di Stoltenberg il numero uno della Farnesina, certo che Kiev chiede un sistema di difesa aerea perché garantisce «la vita quotidiana dei cittadini, la possibilità di andare a scuola, la possibilità di andare a lavorare». Il nodo è dato dal fatto che i missili russi «bloccano tutta la vita civile normale, per questo loro sono molto preoccupati».

Il ruolo dell'Italia, conferma Tajani, resta solido e si augura che anche il Parlamento degli Stati Uniti possa decidere di sbloccare i finanziamenti, e quindi il sostegno forte, continuativo all'Ucraina.

Celebrazioni finite? No, perché ad innescare dubbi ci pensano due voci. La prima è quella del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, pronto a condannare la postura filo-ucraina dell'Alleanza: «Di fatto le relazioni tra Russia e Nato sono ormai scivolate al livello di un confronto diretto, la Nato continua il suo movimento verso i nostri confini». Immaginata come strumento di confronto, la Nato secondo Peskov continua a mostrare la sua essenza e a svolgere le sue funzioni; «questo non contribuisce alla sicurezza, ma è un fattore destabilizzante». La seconda è quella di Peter Szijjarto, ministro degli Esteri ungherese, secondo cui «anche altri membri della Nato non sostengono l'idea di creare questo fondo», che peserà sul bilancio ungherese per 10 miliardi di euro. A chiudere il cerchio ci pensa il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, che lancia un messaggio in bottiglia alla Nato: definisce «ragionevole e il più chiaro» il piano di pace cinese sull'Ucraina.

L'Alleanza intanto guarda al futuro e al prossimo segretario generale: Roma per bocca di Tajani ha ribadito il gradimento verso il primo ministro olandese Mark Rutte, ma andranno valutate le risposte di Turchia, Romania e Ungheria, che appoggiano la candidatura del residente rumeno Klaus Iohannis.

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