Gli impresentabili di Israele. "Atomica su Gaza? Possibile"

Il ministro Eliyahu: "È un'opzione". Netanyahu lo sospende Da Gvir a Smotrich, il premier condizionato dall'ultra destra

Gli impresentabili di Israele. "Atomica su Gaza? Possibile"
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Le alleanze hanno un prezzo. Ma nei momenti difficili quel prezzo rischia di diventare insopportabile. Bibi Netanyahu lo sta scoprendo sulla propria pelle. Oltre a vedersela con una nazione decisa a rinfacciargli il disastro costato la vita di 1.400 israeliani e il rapimento di altri 200, Bibi deve far i conti le imbarazzanti posizioni di quell'estrema destra trasformata nel salvagente politico del suo ultimo governo. Le parole del ministro Amichai Eliyahu che ieri è riuscito a definire «un'opzione» l'utilizzo di una bomba atomica sulla Striscia di Gaza ne sono una prova.

Tutto inizia con un'intervista radiofonica in cui il ministro dell'ultra-destra spiega che distribuire aiuti umanitari nella Striscia rappresenta un «fallimento» perché «a Gaza non ci sono non-combattenti». Il peggio arriva subito dopo. Alla domanda se non valga la pena risolvere il problema buttandoci una bomba atomica il ministro risponde infatti che «quella è una possibilità». La reazione di Netanyahu non si fa attendere. Nel giro di poche ore il premier sospende il ministro liquidandolo come «estraneo alla realtà». Ma la frittata a quel punto è fatta. E toglierla dal piatto resta quanto mai complesso. Soprattutto in un momento in cui i nemici di Israele fanno a gara nel rilanciare ogni dichiarazione utile a dimostrare che il vero obbiettivo della guerra ad Hamas non è liquidare i terroristi, ma l'intero popolo palestinese. Anche perché le dichiarazioni di personaggi come Amichai Eliyahu non sono gaffe casuali.

Il ministro proviene dai ranghi di Otzma Yehudit, un partito sorto sulle ceneri del Kach, il gruppo del defunto rabbino Mehir Kahane che Israele, come pure Unione Europea e Stati Uniti, considera da tempo un'organizzazione terrorista e razzista. E neppure le dichiarazioni fuori registro di Eliyahu sono una novità. Poco tempo fa aveva fatto clamore un tweet, ripreso anche dall'Economist in cui sosteneva che «bombardando e distruggendo ogni cosa il nord della Striscia diventerà più bello che mai».

All'interno del governo Netanyahu il ministro Eliyahu è comunque in buona compagnia. Al suo fianco siedono personaggi come il ministro della giustizia Yariv Levin ispiratore di quella riforma della giustizia che tanti guai ha creato al primo ministro Netanyahu. Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, più volte sceso in campo per difendere gli abusi dei coloni in Cisgiordania, è un altro accusato di aderire all'ideologia razzista del Kach. In odore di estremismo c'è anche il ministro delle Finanze Bezazel Smotrich un colono, capo del partito del Sionismo Religioso, distintosi per aver ordinato il sequestro delle entrate doganali destinate ad un Autorità Palestinese considerata «fiancheggiatrice del terrorismo». Indispensabili per tener in piedi il governo in tempo di pace Eliyahu e gli altri «impresentabili» diventano una presenza insostenibile nel momento in cui Israele ha bisogno della comunità internazionale per trovare una soluzione alla Gaza del dopo-Hamas.

La loro presenza e le loro dichiarazioni rappresentano, infatti, un ostacolo insormontabile all'azione diplomatica dell'America e degli altri alleati chiamati non solo a trasformare in realtà la soluzione dei «due stati», ma anche a negoziare il passaggio della Striscia di Gaza sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.

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