Chi entra papa, esce cardinale. Nella corsa al Colle spesso succede così, ma a volte succede che tra i papabili spuntino fuori anche degli improbabili presidenti del Consiglio. Nomi gettati nella mischia solo per contarsi o per puro divertimento, nell'illusione che un Giuseppe Garibaldi qualsiasi possa davvero salire al Quirinale.
Nel 2015 partì una campagna social a favore dell'elezione di Giancarlo Magalli che, però, ottenne un solo misero voto alla prima chiama. Quella, chiaramente, fu una provocazione, ma non un caso isolato. Già dal 2006 è iniziata la consuetudine, tipica dei primi tre scrutini, di votare vip, giornalisti o politici 'di terza fascia'. All'epoca, prima che la maggioranza di centrosinistra raggiungesse l'accordo sul nome di Giorgio Napolitano, l'allora leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro diede ordine di votare Franca Rame che, alla prima chiama, ottenne 24 voti. I 27 esponenti della Rosa nel pugno, cartello elettorale che racchiudeva i socialisti e i radicali, invece, votarono l'ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri. Il giornalista Giuliano Ferrara e il fondatore di Emergency, Gino Strada, presero rispettivamente 8 e 5 voti. Andò decisamente meglio allo storico presidente del Censis, Giuseppe De Rita che, al secondo scrutinio, ricevette ben 19 preferenze. Nel corso della seconda chiama ottennero alcune preferenze anche lo sciatore Renato Antonioli (7 voti), la principessa Maria Gabriella di Savoia (3 voti), il giornalista Bruno Vespa (3 voti) e l'ex esponente di Potere Operaio, Franco Piperno (2 voti). La giornalista Barbara Palombelli, moglie dell'ex sindaco Francesco Rutelli, invece, ottenne ben 2 preferenze alla terza chiama.
Anche nel 2013, anno in cui venne rieletto Giorgio Napolitano al sesto scrutinio dopo il flop delle candidature di Franco Marini e di Romano Prodi, i parlamentari si divertirono a votare dei giornalisti. Sia Michele Cucuzza e Claudio Sabelli Fioretti, alla seconda chiama, ottennero due voti, mentre Sergio De Caprio, il 'capitano Ultimo' che arrestò Totò Riina, ne prese ben 9. Allo scrutinio successivo furono l'ex magistrato del pool di Mani Pulite Gherardo Colombo e l'ex direttore del Sismi Niccolò Pollari a ottenere ben 2 voti alla terza chiama. Sette anni fa, invece, prima che venisse eletto Sergio Mattarella al Quirinale, le forze politiche puntarono sulle candidature giornalistico-identitarie. La Lega e Fratelli d'Italia votarono Vittorio Feltri fin dalla prima chiama (49 voti), mentre i parlamentari di Sel scelsero di indicare come candidata di bandiera Luciana Castellina, una delle fondatrici del Manifesto. Nel corso della prima chiama, il giornalista Claudio Sabelli Fioretti, all'epoca co-conduttore di Un giorno da pecora, prese 11 voti, saliti a 14 nello scrutinio successivo. L'ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli si fermò a tre voti solo nel primo giro.
Alla seconda chiama Ezio Greggio, storico conduttore di Striscia la notizia, ricevette ben 3 voti, mentre l'ex senatore Antonio Razzi ne raccolse addirittura 4. Al turno successivo fu il cantautore Francesco Guccini a far breccia a ben 4 'grandi elettori', uno in più rispetto al presidente del Coni, Giovanni Malagò.
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