Non si blocca l'effetto domino del caso Palamara. Dopo l'iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Perugia per corruzione del pm della capitale che è stato presidente dell'Associazione nazionale magistrati e consigliere del Csm, un vero e proprio terremoto sta scuotendo la magistratura. Le notizie, emerse dalle intercettazioni, dei tentativi di pilotare le nomine di alcune toghe, non solo del nuovo procuratore capo di Roma e dei suoi aggiunti, preoccupano il sindacato dei magistrati che stigmatizza le gravi violazioni deontologiche commesse dai membri del Consiglio superiore della magistratura e reagisce con forza contro chi mina l'autorevolezza dell'organo di autogoverno dei giudici.
Luca Palamara continua a negare di aver mai ricevuto favori per favorire le nomine dei colleghi, ma nel frattempo si autosospende dall'Anm: «Voglio recuperare la dignità e l'onore - dice - e concentrarmi esclusivamente sulla difesa nel processo di fronte a tali infamanti accuse». Comincia a farlo parlando al Corriere della Sera dell'«assurda ondata di fango» da cui sarebbe stato travolto. Non avrebbe mai preso soldi, regali, né barattato le sue funzioni di magistrato. Respinge anche l'accusa di aver avuto 40mila euro dall'avvocato Giuseppe Calafiore (e non da Fabrizio Centofanti, come erroneamente riportato ieri, ndr) per favorire la nomina a procuratore di Gela di Giancarlo Longo. «È un falso - spiega nell'intervista - lo stesso Calafiore ha negato. Per fortuna si possono controllare i movimenti bancari». Palamara sostiene anche di non aver mai tramato contro i colleghi e di non riconoscersi in certe sue affermazioni. Frutto del clima avvelenato della Procura di Roma in vista della nomina dell'erede di Giuseppe Pignatone, appena andato in pensione. Una nomina delicata, della quale i consiglieri del Csm discutevano anche con i parlamentari e che ha alimentato tensioni esasperate a piazzale Clodio. Anche una guerra tra correnti senza precedenti, di cui Palamara si sente vittima.
Gli ispettori del ministero della Giustizia Alfonso Bonafede sono già al lavoro per fare luce sulla vicenda, mentre si prospetta un lungo periodo senza capo per il più importante ufficio giudiziario d'Italia. La nomina non arriverà prima di settembre. Il Csm è sotto assedio e martedì ha convocato un plenum straordinario. Intanto ha chiesto alla Procura di Perugia la trasmissione degli atti dell'inchiesta che vede indagato Palamara e - per favoreggiamento e rivelazione del segreto - i colleghi Stefano Rocco Fava (autore a sua volta di un esposto contro l'ex procuratore Pignatone e l'aggiunto Paolo Ielo) e il consigliere togato del Csm Luigi Spina, che ieri si è dimesso dal Consiglio superiore della magistratura. Anche Unicost, la corrente alla quale appartengono Palamara e Spina, prende le distanze e chiede ai due magistrati di dimettersi dal gruppo e dal Csm, annunciando che si costituirà parte civile in caso di processo.
Si è fatto sentire il vicepremier Matteo Salvini. Nel ribadire l'urgenza di una riforma della giustizia, ha sottolineato che «non è normale vedere che ci sono magistrati che indagano su altri magistrati e accuse di corruzione su chi dovrebbe giudicare i cittadini».
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