Una tregua di Natale. Il bollettino di ieri ci consegna cifre meno allarmanti per i contagi da Covid-19, ma naturalmente è l'effetto delle feste. I numeri di ieri sono infatti relativi al giorno di Natale: pochi tamponi fatti e molti meno positivi rilevati: ieri 24.883, meno della metà rispetto ai due giorni precedenti oltre quota 50mila, ma con una percentuale di positivi rispetto ai 217.052 tamponi fatti che schizza all'11,46 per cento, cosa che non accadeva dall'11 gennaio 2021. Per fare un paragone il 26 dicembre 2020 la percentuale era del 12,79, appena superiore. Quello che è cambiato rispetto allo scorso Natale è la pericolosità del virus: i ricoverati sono 9.220, in continuo aumento (+328 rispetto al giorno precedente) ma assai meno rispetto a un anno fa, quando erano 23.312, mentre i contagiati in terapia intensiva sono 1.089 (+18 rispetto al giorno precedente) ma meno della metà dei 2.580 dello scorso anno. In pratica mentre il giorno di Santo Stefano del 2020 era in ospedale il 4,01 per cento dei positivi, attualmente lo è l'1,78 per cento. E se un anno fa era in terapia intensiva lo 0,49 per cento degli allora positivi, oggi il dato è del 0,21. Quanto ai morti, ieri ne sono stati conteggiati 81 (non erano così bassi dal 12 dicembre, un'altra domenica) e l'anno scorso erano 268.
Insomma, i numeri preoccupano ma non terrorizzano. Di certo si prevede un gennaio di chiusure e limitazioni, visto che l'Italia si sta colorando in maniera sempre più intensa. Attualmente sono sette le regioni in giallo per aver superato tutti e tre i parametri presi in considerazione (incidenza superiore a 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti, occupazione dei posti letto in area non critica da parte dei pazienti Covid-19 del 15 per cento e occupazione delle terapie intensive superiore al 10): Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Veneto e province autonome di Bolzano e Trento. Tra esse qualcuna intravede con terrore la prospettiva dell'arancione (ci si finisce con i ricoveri in area non critica sopra il 30 per cento e le terapie intensive sopra al 20): quelle messe peggio sono la Calabria (ieri area non critica al 27,48 per cento e terapie intensive al 15,51) e la Liguria (area non critica al 27,09 e terapie intensive al 18,72), mentre le altre hanno almeno uno dei parametri in sicurezza.
Tra le regioni ancora in bianco diverse sembrano destinate a ingiallirsi. Il Piemonte ha già numeri da castigo (area non critica al 17,08 per cento e terapie intensive al 13,69), mentre si salveranno difficilmente la Lombardia (terapie intensive all'11,76 per cento ma area non critica al 14,06), il Lazio (terapie intensive al 14,21 ma area non critica al 14,99), l'Emilia-Romagna (terapie intensive al 12,04 ma area non critica al 13,19) e la Sicilia (area non critica al 17,20 per cento ma terapie intensive all'8,96).
Non rischiano al momento declassamenti le altre regioni anche se la Valle d'Aosta ha numeri da arancione per l'area non critica (30,30 per cento) ma solo un ricoverato in terapia intensiva (il 3,03 per cento dei 33 posti disponibili) e la Toscana supera il limite per le terapie intensive (12,63 per cento) ma è ancora tranquilla per l'area non critica (8,80). Meglio non considerare l'incidenza dei contagi, altissima in tutta Italia (435,63 casi ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni) con picchi in Lombardia (730) e Veneto (625).
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