Intelligenza artificiale, quella sbornia che ha illuso tutti e ha gonfiato i prezzi

I ricavi del comparto non giustificano gli investimenti. E ora scattano i tagli

Intelligenza artificiale, quella sbornia che ha illuso tutti e ha gonfiato i prezzi
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Si può bruciare, nel giro di poche ore, una cifra che corrisponde all'intero Pil della Turchia? La risposta è sì: le (ex) Magnifiche Sette di Wall Street hanno infatti carbonizzato ieri circa 1.000 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione. È la pira che ha di fatto incenerito le residue speranze legate alla capacità di tenuta del settore hi-tech e confermato come la bolla, gonfiatasi a dismisura grazie alle aspettative sui progressi rapidi dell'intelligenza artificiale (AI), sia ormai scoppiata. Vendendo a cavallo del secondo trimestre il 50% del proprio pacchetto di azioni Apple, quella vecchia volpe di Warren Buffett ha giocato d'anticipo e lanciato un siluro d'avvertimento al numero uno della Mela morsicata Tim Cook (foto in basso).

A dare il colpo di grazia a un comparto già fortemente stressato dal punto di vista borsistico fin dalla scorsa settimana, è stata la notizia data dal ceo di Nvidia Jen-Hsun Huang (foto in alto): i chip di nuova generazione subiranno ritardi a causa di difetti di progettazione. La bandiera bianca sventolata non è priva di conseguenza per colossi come Google, Meta e Microsoft che avevano messo sul piatto investimenti miliardari pur di aggiudicarsi il semiconduttore avanzato, considerato di vitale importanza per ottenere la leadership nella corsa agli armamenti per l'intelligenza artificiale. Un fallimento di natura progettuale, spia delle pressioni cui è sottoposto il comparto dei chip, che costringerà verosimilmente l'azienda a tagliare i costi, la stessa strada già imboccata la scorsa settimana da Intel (licenziamento del 15% della propria forza lavoro) e ieri da Infineon (eliminazione di 1.400 posti di lavoro in tutto il mondo e la delocalizzazione di altri 1.400).

I rovesci borsistici degli ultimi giorni stanno ora mostrando come fosse insostenibile reggere un peso di quasi la metà nella capitalizzazione dello S&P 500 attribuibile al mix di titoli tecnologici e di servizi di comunicazione. Questo sbilanciamento è stato generato anche dai rialzi messi a segno dai titoli legati all'AI (+30% dall'inizio del 2023, con punte di oltre il 750% per Nvidia) nella convinzione che un boom di produttività guidato dall'intelligenza artificiale fosse ormai dietro l'angolo. Non sta invece andando così. Anzi: in atto sembra esserci un rovesciamento di paradigma riassumibile con un troppa spesa, poca resa che è una campana a morto per quotazioni anche superiori di 200 volte gli utili attuali. Per giustificare trilioni di dollari di spesa, i chatbot (i programmi informatici che simulano le conversazioni con gli utenti umani) non possono essere solo strumenti di produttività: devono stimolare una trasformazione economica diffusa.

Invece, i prodotti lanciati finora sembrano un po' banali, tipo le misure marginali di risparmio sui costi come la codifica e il servizio clienti basati sull'intelligenza artificiale. E quando scatta l'emergenza, altro che AI. Si fa come ai tempi dei padroni delle ferriere: si manda la gente a casa.

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