Intesa Meloni-Ursula su difesa e migranti. E il tandem non cede alle liti con Trump

Per le due leader con gli Usa si lavora da alleati. Entrambe agiscono di sponda su vari dossier. Dalla Commissione il piano per la gestione dei flussi illegali

Intesa Meloni-Ursula su difesa e migranti. E il tandem non cede alle liti con Trump
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La tela che unisce Von der Leyen e Meloni è sempre più fitta: Ucraina, immigrazione e niente rotture con gli Usa nonostante Trump e la sua retorica, controbilanciata da invisibile diplomazia, e non da affrettate dichiarazioni di guerra commerciale né rotture a rischio boomerang. «Giorgia» e «Ursula» non si sono divise, sul punto. Il forcing di chi da giorni chiede a entrambe «da che parte stare» è fallito. Schierarsi: dire che gli Stati Uniti sono diventati una minaccia, visto l'attuale inquilino alla Casa Bianca. Invece hanno entrambe chiarito che assieme agli Usa si deve lavorare da alleati, concordando un agire (da sponde diverse) che faccia leva sulle rispettive carte per portare The Donald a più miti consigli; bilanciando la sua azione unilaterale per una pace a Kiev, e innescandone una europea complementare.

Trait d'union ulteriore tra Roma e Bruxelles è la componente popolare del governo italiano. Ieri il vicepremier azzurro Tajani, che giovedì ha visto Ursula nella riunione del Ppe pre-Consiglio europeo, dava nota del fatto che «lavorando in sintonia con la Commissione Ue che ha la competenza esclusiva sugli accordi commerciali» l'Italia ha inviato una delegazione a Washington «per parlare con i responsabili americani della situazione dazi». Primo mattoncino del «ponte» meloniano con gli Usa, mentre gli sherpa lavorano ancora alla missione di Meloni alla Casa Bianca. Nonostante i progressisti puntino a sminuire il rapporto, auspicando una condanna di Trump da parte della premier (ignorando forse che l'Italia ospita le atomiche americane), l'idea di far sedere Usa e Ue assieme al tavolo è in campo. E in tandem con Ursula la premier tiene il punto. Anche sull'Ucraina e sul piano ReArm Europe.

Chi dice l'Italia non sa che pesci prendere su Kiev e difesa comune, perché c'è Salvini, fa finta di non sapere che i governi ragionano diversamente dalla propaganda fatta di tweet e dichiarazioni estrapolate ad arte, e che tanto Londra quanto Berlino e Varsavia stanno di fatto già dicendo a Macron: Roma sia con noi o non siamo efficaci. Scholz allo scorso Consiglio Ue ha dato alla premier della «stratega», per la proposta di estendere l'art. 5 della Nato all'Ucraina senza il suo ingresso. La clausola di assistenza militare dei membri dell'Alleanza in caso d'aggressione non ha il sì Usa. Ma gli sherpa Ue lavorano. Né Ursula né Meloni stanno cadendo nella trappola di commenti tranchant sul tycoon, in una fase che dire fluida è riduttivo; se non ribadire, come fatto giovedì a eccezione di Orbán, che l'Ue pretende «pace giusta e duratura». E serrano i ranghi, agendo di sponda su vari dossier.

Il gioco a due per comuni risultati prosegue sulla gestione di flussi illegali ed espulsioni. Oggi la Commissione presenterà i 52 articoli che i Ventisette dovranno rispettare. Accrescere i rimpatri con norme vincolanti per tutti e più chiare, ed eventualmente lavori Ue per hub di trattenimento in Paesi terzi sul modello Albania. Risultati che non cadono dal cielo. Il Commissario Ue agli Interni, Brunner, era a Palazzo Chigi lo scorso 18 gennaio, come parte del puzzle. Ok a nuove regole confermato in quell'occasione. Il ministro Piantedosi è volato poi a Parigi il 4 marzo, concretizzando l'Unità operativa (URO) con base a Ventimiglia che contribuirà a stanare trafficanti di esseri umani sul confine italo-francese.

Premier particolarmente cauta nel rapporto pubblico con Macron, ben più rispetto al passato. Oggi il generale Portolano si farà carico dell'ascolto delle idee di Parigi sui «volenterosi». Il ministro Crosetto dirà la sua domani nel formato a 5, Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito.

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