A separarci dalla «sicurezza energetica» c'è una manciata di mesi. Un periodo in cui si dovrà lavorare per riempire quanto più possibile i siti di stoccaggio del gas per far fronte ad un possibile stop totale delle forniture da parte della Russia. Per ora i depositi sono pieni per il 55 per cento e l'obiettivo è di portarli al 90 entro fine anno. Il sottosegretario al ministero della Transizione ecologica, Vannia Gava, è fiduciosa: «Siamo quasi in linea con i livelli dell'anno scorso e non dovremmo avere difficoltà».
Il futuro, però, anche quello più prossimo, resta pieno di incognite. Per questo si lavora su più fronti per prepararsi all'inverno, che al Mite considerano la «parte più critica».
«Non stiamo prendendo in considerazione l'idea dei razionamenti e anche una chiusura dei rubinetti da parte di Mosca è poco probabile: se è vero che noi abbiamo bisogno di acquistare è vero anche che loro hanno bisogno di vendere», spiega Gava al Giornale. Un'interruzione definitiva delle forniture di gas russo, però, non si può escludere. Ed è per questo che già dallo scorso febbraio è partita la corsa per «recuperare e diversificare». «In questo momento chiarisce il sottosegretario - il gas è necessario come fonte di transizione per famiglie e imprese: è il motivo per cui ci siamo mossi rapidamente per assicurarci flussi maggiori da Azerbaigian, Egitto e Algeria».
Ma la sicurezza energetica passa anche per il rilancio del gas a «chilometro zero». «Già dal prossimo anno annuncia - potremmo estrarre due milioni di metri cubi in più dai giacimenti nazionali per poi aumentare progressivamente la produzione anche attraverso interventi tecnici sulle attività di recupero e di estrazione». Nei giorni scorsi il ministero della Transizione Ecologica ha annunciato l'avvio da parte del Gse di procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dagli impianti di coltivazione «compatibili» con i vincoli inseriti nel Pitesai, il piano che definisce le aree idonee per le trivellazioni. Per ora lo sblocco di giacimenti come quello dell'Alto Adriatico, fermi per i rischi geologici legati all'abbassamento del suolo, o di nuove esplorazioni in aree che ora sono sottoposte a divieti non è all'ordine del giorno. «Bisognerà valutare i rischi e i benefici per non esporre il territorio a criticità», spiega il sottosegretario. Ma il piano regolatore va sicuramente «rivisto». Anche se non c'è ancora una tempistica definita, l'idea è quella di puntare sempre di più in futuro sulle riserve domestiche. «Se abbiamo delle potenzialità nel nostro Paese ragiona Gava - meglio creare soldi e ricchezza qui piuttosto che all'estero».
Quanto alla possibilità del ritorno all'utilizzo del carbone per fronteggiare la crisi energetica, conferma l'impegno per il raggiungimento delle emissioni zero, ma ricorda che la priorità «è quella di mettere in sicurezza il Paese e le attività economiche».
Tra i tasselli fondamentali per garantire gli approvvigionamenti c'è anche il contestato rigassificatore di Piombino.
«La nave è stata costruita nel 2015, utilizza una tecnologia recente ed è posizionata lì per una questione di vicinanza alle aree dove c'è maggior bisogno di gas», rassicura il sottosegretario rispondendo alle polemiche sull'impatto ambientale dell'infrastruttura, che dovrebbe entrare in funzione nei primi mesi del 2023.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.