Anche il caffè ha un sapore particolare in piazza della Scala a Milano. Quello stesso lastricato pare che ancora risuoni dei passi di Verdi, Toscanini e dei grandi della musica italiana che hanno varcato l'aurea soglia del teatro. Nazzareno Carusi, pianista di fama, è stato nominato in questi giorni nel Consiglio di Amministrazione della Scala dalla Regione Lombardia. La scelta di un musicista, anche se non è una novità assoluta, riprende una consuetudine abbandonata negli anni a favore di figure manageriali e non potrà che portare un valore aggiunto e una sensibilità nuova. Il governatore Attilio Fontana lo ha scelto perché «il maestro Carusi potrà contribuire con le conoscenze di un musicista alla gestione di una storica istituzione culturale. Si impegnerà per ampliare ancora di più la platea degli appassionati della musica e della lirica».
Maestro, come è iniziato tutto questo?
«La mia mamma, insegnante di lettere, mi regalò l'amore per la musica. Avevo solo due anni quando ho cominciato a toccare i primi tasti di un pianoforte giocattolo e a dieci mi esibivo nel mio primo concerto nel Castello di Celano, mia città natale. Poi ho avuto la fortuna di toccare a suon di musica un po' tutti i continenti e grazie a quest'arte sono diventato ciò che sono oggi».
In che senso?
«La musica mi ha fatto scoprire lati di me stesso che non conoscevo. L'insegnamento, per esempio. Saper cogliere i dettagli è il suo fulcro, e sui dettagli si addensa la capacità di comprendere e apprezzare il mondo e l'umanità».
Ha avuto come maestro e mentore Alexis Weissenberg, ha potuto godere dei consigli di Isaac Stern e Riccardo Muti ha lasciato su di lei belle parole di stima.
«Sono onorato che la vita abbia condotto sulla mia strada persone prestigiose nel mondo musicale. Anche all'interno della Scala ho amici con i quali ho suonato tante volte. Eravamo giovani forse oggi abbiamo meno capelli, ma ancora condividiamo un amore lancinante per la musica».
Un amore che le ha anche dato dei dolori...
«Due anni fa fui costretto a interrompere improvvisamente l'attività concertistica a causa di una frattura vertebrale. Avevo tre concerti alla Verdi di Milano e al Maggio Musicale Fiorentino che ho dovuto annullare. Da allora non ho ne ho più tenuti in pubblico. Però la musica non mi ha abbandonato. Sono titolare della Cattedra di Musica da Camera presso l'Accademia Internazionale di Imola e professore ordinario al Conservatorio Buzzolla di Adria. Lavorare con i ragazzi è una fortuna».
E infine eccola a Milano.
«A questa città meravigliosa mi lega un rapporto di anni. È inclusiva e sa valorizzare, è internazionale e forgia talenti. È stata sempre Milano a cambiarmi la vita. Seguendone i percorsi, anche eclettici, questa città ha rivelato di me a me stesso più di quanto avessi mai intuito. Senza dimenticare l'eccellenza dell'Ospedale Niguarda, dove sono in cura».
Come affronterà questa sua nuova avventura?
«Con l'impegno assoluto e la più aperta sincerità che la musica insegna. Il solo nome del Teatro alla Scala fa battere il cuore. Sono consapevole della grande responsabilità del ruolo. Da musicista ancor di più e ringrazio il Presidente Fontana per la fiducia.
Un teatro, e a maggior ragione La Scala, custodisce la storia, i sentimenti, la cultura di tutti, ne rappresenta l'anima che va preservata e accudita come il più prezioso dei tesori. La storia della Scala insegna questa profondissima bellezza e la bellezza, come si sa, fa bene al mondo».
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