Per un «nemico» da cui guardarsi (Israele), c'è un vecchio amico con cui tessere rapporti ancora più solidi (la Russia). La polveriera mediorientale è l'ennesima occasione ghiotta che si presenta all'Iran per rafforzare l'asse con Mosca, contrastare l'alleanza Israele-Stati Uniti e unire l'odio anti-occidentale. Accade così che, mentre il governo Netanyahu studia e tenta di coordinarsi con Washington sulla risposta al secondo storico attacco missilistico di Teheran contro lo Stato ebraico, Vladimir Putin incontra il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ad Ashgabat, in Turkmenistan, durante un forum internazionale dal titolo significativo «I rapporti tra tempi e civiltà» e spiega che «le relazioni con l'Iran sono per Mosca una priorità e stanno procedendo con grande successo», poi parla dell'istituzione «irreversibile» di un nuovo ordine mondiale, lontano dal «dominio statunitense». La Federazione Russa e l'Iran hanno valutazioni «spesso simili» e posizioni «molto vicine» sugli eventi internazionali, commenta il capo del Cremlino, mentre il leader iraniano parla di relazioni bilaterali «strategiche e sincere», una cooperazione che «si rafforza ogni giorno di più». La ciliegina sulla torta la preannuncia Pezeshkian. È la firma di un trattato di partnership strategica fra Iran e Russia che dovrebbe avvenire a margine del vertice dei Brics la prossima settimana a Kazan, nella Repubblica russa del Tatarstan. Per l'ennesima volta, il Medio Oriente si rivela terreno fertile per orientare le sfide geopolitiche internazionali e combattere la nuova guerra fredda Russia-Stati Uniti, con il presidente iraniano che accusa Europa e Usa di essere «disinteressate alla de-escalation».
Proprio per coordinarsi con la Casa Bianca, che frena su un'azione troppo aggressiva contro Teheran, e soprattutto per frizioni interne sulla modalità e sulla tempistica dell'attacco (imminente o a sorpresa?), il Gabinetto di guerra israeliano che si è riunito giovedì sera non ha ancora preso decisioni sostanziali sulla rappresaglia contro l'Iran per l'attacco del 2 ottobre e non ha ancora approvato il viaggio negli Usa del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. «Se venissero attuati piani o minacce per attaccare gli impianti nucleari pacifici della Repubblica islamica dell'Iran, sarebbe una provocazione molto seria», ha avvertito il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Il presidente americano Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo il sito d'informazione americano Axios si sarebbero in realtà sempre più avvicinati a un'intesa sulla portata della rappresaglia pianificata da Israele contro l'Iran durante la telefonata avvenuta mercoledì. Secondo rivelazioni, la Casa Bianca è convinta che ci si stia muovendo «nella giusta direzione» (evitare l'attacco a siti nucleari e petroliferi, limitarsi a obiettivi militari), ma gli attuali piani dello Stato ebraico sarebbero ancora «un po' più aggressivi» rispetto agli standard chiesti da Washington. Da lunedì intanto scatteranno le prime sanzioni dell'Unione europea all'Iran per i missili forniti a Mosca nella guerra in Ucraina. Tout se tient.
In questo contesto, mentre cresce la preoccupazione per una guerra che dopo Gaza è già arrivata in Libano e potrebbe estendersi ancora, Teheran ha avvertito i Paesi arabi.
Dopo l'aiuto che hanno fornito per contenere l'attacco iraniano a Israele, il regime degli ayatollah li ha invitati a evitare che il loro spazio aereo venga utilizzato per la rappresaglia israeliana e ha minacciato che, se aiuteranno Israele in qualsiasi modo nella sua rappresaglia, «potrebbero potenzialmente entrare a far parte della guerra». Supportata da Mosca, Teheran minaccia di estendere il conflitto, mentre intanto aiuta la Russia con i suoi missili a vincere l'altra guerra, quella in Ucraina.
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