Gerusalemme Per capire l'emozione che come un'onda altissima ha investito Israele ieri mattina, quando a 11 anni di distanza sono stati resi noti i particolari della distruzione della base atomica siriana di Deir ez Zor, bisogna mettersi nei panni di un padre che ha salvato il figlio da morte certa riprendendolo per un braccio. Questo figlio non è soltanto il popolo di Israele ma il mondo intero: infatti la sede della centrale, Deir ez Zor, la città più grande della Siria orientale, fu catturata dall'Isis nel 2014 ed è rimasta nelle sue mani per più di tre anni. Immaginiamoci quindi non solo cosa sarebbe successo se oggi Assad, insieme ai suoi amici iraniani e Hezbollah, avesse nelle mani il plutonio e le strutture per la bomba atomica, ma anche quali pazzeschi ricatti i tagliagole avrebbero potuto imporre a tutti se Israele non avesse lanciato i suoi F16 e F15 in questa operazione di salvataggio del suo popolo e del mondo.
«È molto raro che il capo del Mossad chieda al primo ministro di vederlo immediatamente» racconta nel suo libro appena uscito l'ex premier israeliano Ehud Olmert «Quella volta mi disse ecco la smoking gun». E sul tavolo si dispiegarono le incredibili foto rubate a Vienna a Ibrahim Matman, il capo siriano dell'operazione bomba, per cui quel cubo laggiù nel deserto, di cui né il Mossad né la Cia avevano indagato l'uso, si dimostrava un reattore nucleare che nel giro di giorni, se non immediatamente, sarebbe stato in grado di fornire a quell'individuo pazzoide e feroce che è Assad di Siria la bomba atomica. La tecnologia, fu subito chiaro, era fornita dalla Corea del Nord, ma la timidezza dei servizi israeliani era legata all'incapacità, a suo tempo, di capire che il Pakistan aveva fornito a Gheddafi la possibilità di costruire il suo reattore.
Ma adesso Olmert vede la realtà dispiegate sul tavolo, la minaccia è immediata: il Mossad portò la «pistola fumante». Tuttavia già la discussione ferve e Aman, i servizi militari, rivendica la sua parte nell'osservazione dei fatti che tuttavia non era giunta alla conclusione. Il Mossad porta 30 foto rubate a Vienna dal computer del capo progetto siriano impegnato nel bar di un albergo con una signorina mentre vengono forzate la sua stanza e il suo computer.
Olmert dopo riunioni molto nervose, mentre soprattutto ci si interroga sul pericolo che la struttura sia già «calda» e quindi, se colpito e ridotto in fumo, in grado di contaminare tutto il Medio Oriente, parla con George Bush. Alla fine di una discussione Bush dice tuttavia che gli Usa tenteranno la strada diplomatica. Olmert risponde: «Noi sappiamo che la struttura è pronta a usare la bomba, e quindi dobbiamo agire subito». Israele agisce da sola.
Il raid di otto velivoli contro quell'anonimo quadrato di cemento prende corpo pochi minuti dopo la mezzanotte fra il 5 e il 6 di settembre. Un complicato sistema elettronico confonde il sistema antiaereo siriano, tonnellate di esplosivo distruggono fino nel profondo della terra il progetto imperialistico di uno dei peggiori tiranni del Medio Oriente, una struttura quasi identica a quella di Yongbyon in Nord Corea. Adesso il velo del silenzio è stato sollevato, le due grandi agenzie segrete di Israele confliggono; Ehud Barak che era ministro della Difesa si difende dalle accuse di Olmert di aver cercato di ritardare l'operazione. Israele è una società molto litigiosa, sempre.
Resta il fatto che il mondo è già stato salvato dalla minacciata nucleare due volte dal coraggio di Israele: nell'81 con la distruzione della struttura di Osirak, in Irak, dove Saddam voleva costruire l'arma del suo impero, nel 2007 da quella di Assad... il seguito alla prossima puntata?
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