Italia con Zelensky. Ma la provocazione di Berlusconi pone dubbi sensati

L'uscita del Cav non cambia la nostra doverosa posizione filo-ucraina, ma rimette la dialettica su un piano più maturo del "buoni e cattivi". All'Ucraina soldi e armi, legittimo criticare

Italia con Zelensky. Ma la provocazione di Berlusconi pone dubbi sensati

Le parole di Berlusconi su Zelensky sono giuste o sbagliate? È questa la domanda, il piano di analisi, e non già le sue motivazioni o i suoi impatti sul governo. Berlusconi ha dei legami personali con il leader del Cremlino? Forse, ma che c'entra? Una parte non marginale degli italiani, trasversale alle polarizzazioni politiche, è contraria al coinvolgimento e alla guerra stessa e compiacerla può portare acqua politica al leader di Arcore? E allora? Le sue parole sono state un bastone tra le ruote della politica estera del governo, che si è subito e correttamente smarcato? Certo, e quindi? Nessuna di queste ragioni rende il suo intervento giusto o sbagliato.

Diciamolo chiaro: non c'è alcuna opzione per l'Italia di non restare completamente nell'Alleanza atlantica a sostegno dell'Ucraina. Del resto, lo stesso Berlusconi l'aveva detto mesi fa, in occasione di un altro intervento che fece discutere: «L'aggressione all'Ucraina è ingiustificabile e inaccettabile e la posizione di FI è chiara, saremo sempre con l'Ue e con la Nato».

Ciò detto, non possiamo davvero trattare questo conflitto alla maniera della terza elementare, coi Romani buoni contro i Cartaginesi cattivi. La guerra sarà pure la continuazione della politica con altri mezzi, solo che la polarizza e ne semplifica la complessità. Intendiamoci, a rischio di ripeterlo: adesso non è il tempo dei distinguo ma quello dell'adesione totale a una parte. Così impone la guerra e così noi stiamo facendo e dobbiamo fare, specie con l'opinione pubblica non tutta convinta. La leadership serve proprio a tenere la barra dritta quando le acque sono agitate e l'equipaggio dubbioso.

Tuttavia, ci sta che un navigato leader politico, senza dirette responsabilità esecutive, colga l'occasione di ricordare che le cose siano un filo più complicate di come lo stesso Putin le ha messe un anno fa. Che poi tale diritto potrebbe anche esserselo guadagnato, avendo schierato Forza Italia con l'Ucraina dal primo momento e senza esitazioni.

Allora, invece della sterile e ombelicale disputa di politica interna, usiamo la provocazione per chiederci com'è che siamo arrivati a questo punto, che tutti speriamo sia il fondo ma potrebbe non esserlo affatto, purtroppo. Tanto più che chi è in guerra non è che si preoccupi poi tanto di trascinarvi altri, anzi forse gli torna pure utile.

Questa guerra viene da lontano, da prima dell'invasione della Crimea del 2014 e anche da dopo la sua annessione. Sappiamo delle promesse disattese sul non-allargamento della Nato, dei negoziati per l'Ucraina nell'Ue interrotti su pressione di Mosca, della rivoluzione di Piazza Maidan e della successiva annessione della Crimea, delle sanzioni americane mitigate dall'Ue in difesa di interessi economici, degli accordi di Minsk e delle sue immediate e reciproche violazioni. Così oggi non c'è un conflitto Russia-Ucraina, ma Russia-Ucraina/Usa e l'Europa non confina con la guerra ma ne è parte, ci sta dentro e ne paga un prezzo, più alto per la Germania per la dipendenza energetica sul gas, ritenuta strategicamente pericolosa da Washington, che ha mandato tanti avvertimenti prima di fargli saltare i gasdotti, non esattamente una stretta di mano tra alleati.

Più in generale, è in discussione l'intera politica estera dell'Ue, ondivaga non solo sulla Russia ma anche su Cina e Medio Oriente, illusa di poter prendere ciò che conviene dove conviene, senza scelte né rinunce.

Quelle parole magari ci aiutano a vedere che non sosteniamo l'Ucraina perché sono i buoni, ma perché questa è la nostra parte e da noi le nazioni non

si conquistano con le armi, bensì con l'offerta di benessere e ricchezza prodotte in democrazia e libertà. Gli altri? Ci facciamo affari, finché conviene, ma restano quelli dell'altra parte, appunto. Abituiamoci all'idea.

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