Gli uni contro gli altri, armati. Renziani e esponenti della minoranza si danno battaglia nella direzione nazionale convocata per decidere sull’Italicum. "La legge elettorale - mette in chiaro Matto Renzi - è stata la chiave di lettura di questo cambiamento che proponevamo al Paese". L’esito è scontato, sin dall'inizio: il premier ha una vastissima maggioranza. Ma il partito si spacca: la minoranza non vota e insiste nel chiedere profonde modifiche alla legge elettorale che sta per arrivare all’esame della Camera. Richiesta a cui Renzi chiude categoricamente: "Il 27 aprile dobbiamo essere in Aula, come calendarizzato dalla capigruppo. E a maggio dobbiamo mettere la parola fine a questa discussione. Continuare a rimandare non serve a nessuno".
L’appuntamento al Nazareno è stato preparato con cura da Renzi. "La democrazia è quel modello in cui si consente in libertà a qualcuno di decidere, con pesi e contrappesi, ma non con blocchi e veti", tuona contro la minoranza avvertendola che non intende lasciare "il monopolio della parola sinistra a chi la usa con più frequenza". Quindi, difende a spada tratta l'impianto del testo destinato a superare il Consultellum, la legge elettorale di impronta proporzionale che ha preso forma dopo la bocciatura della Corte costituzionale al Porcellum, e mette in chiaro che il testo non verrà ritoccato alla Camera per evitare che questo torni al Senato. "Qui ci giochiamo la fiducia dei cittadini", rilancia Renzi proponendo a tutto il partito (minoranza compresa) di "mettere tra di noi la fiducia sulla legge elettorale perchè rappresenta la capacità di rispondere a quello che non siamo stati capaci di fare finora".
Nel corso della direzione i rappresentanti di tutte le anime dem espongono le proprie osservazioni, ma il voto finale diventa vincolante per tutti i parlamentari dem. Tutto risolto? Mica tanto. Pippo Civati invita le frange critiche a non partecipare al voto di una direzione trasformata in "plebiscito e aut aut" e a fare piuttiosto "le proposte in Aula". D'altra parte, come conferma il bersaniano Alfonso D'Attorre, gli emendamenti all'Italicum sono già pronti: "Un voto di fiducia sulla legge elettorale segnerebbe un vulnus gravissimo dal punto di vista politico e parlamentare, e quello sì che sarebbe un ricatto al parlamento". Durissimo anche Gianni Cuperlo: "Il mio appello a te, Matteo, è perché tu apra alle correzioni: fidati del tuo partito e dei tuoi parlamentari e uscirai rafforzato, uscirà rafforzata anche la democrazia". La minoranza piddì sa, tuttavia, di non avere i numeri per bloccare la marcia dell’Italicum. L'area del "no", però, potrebbe allargarsi alla parte più dialogante della minoranza, quella che fa capo al capogruppo Roberto Speranza che mette a disposizione la propria carica per far da paciere. Servirà a poco.
Oggi Renzi porta a casa l'Italicum, ma perde un pezzo di partito. La direzione del Pd approva sì la relazione del premier che propone di non modificare l’Italicum nella terza lettura alla Camera, ma lo fa senza la minoranza che non partecipa al voto. Più che una vittoria, è una sconfitta.
Lo riassiume bene Stefano Fassina con una battuta che dovrebbe far riflettere il premier-segretario: "Siamo ai livelli del Partito comunista nordcoreano...". Ora, dopo l’ennesima accelerazione del segretario, è che si possa concretizzare una spaccatura del partito in parlamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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