Iwao assolto dopo 56 anni in carcere. E la folla esulta: "Banzai"

Hakamada aveva ammesso l'omicidio di quattro persone, con una confessione estorta sotto tortura. La lotta della sorella Hikedo

Iwao assolto dopo 56 anni in carcere. E la folla esulta: "Banzai"
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Ieri mattina una folla di 500 persone alla lettura del verdetto del tribunale di Shizuoka a Sud Ovest di Tokyo ha urlato «Banzai», urrà in giapponese. Iwao Hakamada a 88 anni era stato appena assolto dall'accusa di aver sterminato la famiglia del suo ex capo.

Ci sono voluti 46 anni per stabilire che le prove contro di lui erano state falsificate. Ha passato quasi mezzo secolo in carcere diventando il detenuto rimasto più a lungo in attesa dell'esecuzione della propria condanna a morte al mondo. Nel 1980 era stato condannato in via definitiva per quattro omicidi compiuti nel 1966 di cui si diceva innocente. Era il 30 giugno 1966 quando a Shizuoka furono ritrovati i corpi del suo ex capo, della moglie e dei due figli della coppia. La polizia interrogò Hakamada e non trovando prove e possibili moventi decise di rilasciarlo. Un mese dopo però la svolta: gli investigatori lo arrestarono. Avevano trovato infatti delle tracce di sangue sul suo pigiama e un mucchio di vestiti macchiati di sangue in una vasca. Dopo venti giorni di detenzione e di interrogatori che duravano anche 15 ore di fila, l'uomo confessò. Durante il primo processo tuttavia si dichiarò non colpevole, e più avanti ammise di essere stato picchiato, torturato e costretto a confessare. Iniziarono le denunce da parte dei suoi avvocati e di alcune ong. Qualcosa nella storia non tornava, e soprattutto i metodi per arrivare alla confessione sembravano più l'effetto di torture che la spontanea ammissione di un omicidio. Ma a nulla valsero le proteste e le richieste dei suoi difensori: nonostante le accuse fossero piene di incongruenze, e senza che fossero mai indagate altre persone, nel settembre 1968 Hakamada venne condannato a morte.

Subito dopo la sentenza definitiva, l'ex pugile fu trasferito nel braccio della morte, dove rimase per circa 35 anni. Cominciò la lunga e interminabile battaglia legale per ottenere un nuovo processo, i suoi avvocati, guidati dalla sorella Hikedo oggi 91enne, provarono anche che le tracce di Dna sugli abiti non erano compatibili né con quello di Hakamada né con quello delle persone uccise, con il risultato che nel 2014, dopo quasi cinquant'anni di detenzione fu scarcerato, in attesa di un nuovo processo che sembrava non arrivare mai.

Cinquant'anni di detenzione, aggravata dal fatto che in Giappone una condanna a morte può essere eseguita anche con poche ore di

preavviso, hanno distrutto Hakamada. La sua salute fisica e mentale si è molto deteriorata. Ieri lui in tribunale non c'era, non ce l'ha fatta. Ma la sua voce era tutta in quella folla che non lo ha mai abbandonato. Banzai.

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