Borsoni e trolley che avrebbero potuto contenere la piccola Kata. E un rubinetto che potrebbe contenere tracce ematiche compatibili con quelle della piccola peruviana scomparsa da Firenze lo scorso 10 giugno. Sono questi i tasselli che hanno portato la Procura di Firenze a iscrivere nel registro degli indagati cinque persone, con l'accusa di sequestro a scopo di estorsione, ed a continuare la ricerca di tracce di Dna all'interno dell'ex hotel Astor dove la bambina viveva con la mamma e il fratello. Il caso a cui gli investigatori lavorano senza sosta da oltre tre mesi potrebbe quindi essere vicino a una svolta, anche se la prudenza resta massima: la Procura ha disposto una serie di accertamenti tecnici irripetibili per verificare la presenza di materiale biologico o genetico in una serie di oggetti borsoni da viaggio e trolley, in particolare - recuperati durante le numerose ispezioni che si sono susseguite all'ex hotel occupato, da dove lo scorso giugno la piccola di origini peruviane è stata rapita.
Tra i cinque indagati ci sono anche due parenti della bambina: lo zio materno di Kataleya, Argenis Abel Alvarez Vasquez, detto Dominique, già in carcere per il tentato omicidio di un cittadino ecuadoregno anch'egli ex occupante dell'hotel Astor, e lo zio paterno Marlon Edgar Chicclo, di 19 anni. Tre degli indagati, spiega una nota, sono stati ripresi dalle telecamere installate nella zona mentre uscivano dall'ex albergo proprio il 10 giugno, in orario successivo alla scomparsa di Kata, con un borsone e due trolley che per dimensioni avrebbero potuto occultare il corpo della bambina. Alcuni degli indagati avrebbero utilizzato gli stessi oggetti anche una settimana più tardi, in occasione dello sgombero dello stabile deciso dagli inquirenti. Gli altri soggetti finiti nel registro degli indagati invece sono occupanti di tre distinte stanze, nei cui rubinetti dei bagni sono state individuate tracce di una presunta sostanza ematica, in occasione delle perquisizioni effettuate il giorno successivo alla scomparsa di Kata.
Gli accertamenti sono stati svolti con l'ausilio di un consulente tecnico nominato dalla direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli: sarà lui a cercare tracce di Dna da poter poi comparare con quello della piccola, svanita nel nulla e verosimilmente sequestrata.
Se fino a ieri sembrava che le telecamere della zona non avessero ripreso nulla di determinante, nessun movimento sospetto nell'area intorno all'ex hotel, le immagini dei borsoni e dei trolley trasportati dagli indagati potrebbero gettare nuova luce sull'inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Tescaroli e dai pm Christine von Borries e Giuseppe Ledda. L'ipotesi è che le immagini abbiano «catturato» i sequestratori che si allontanano con la bambina nascosta all'interno di una valigia. Le analisi genetiche sui borsoni e trolley confermeranno o meno questa teoria, così come gli esami sui rubinetti dei bagni potranno dare riscontro o meno sull'eventuale corrispondenza con il sangue di Kata.
Già nei prossimi giorni i carabinieri, coordinati dalla procura fiorentina, torneranno nello stabile di via Maragliano, alla periferia nord di Firenze - oggi vuoto e sotto sequestro - per effettuare ulteriori ricerche, se necessario con appositi scavi e abbattimento di mura per trovare altri elementi.
Come noto, sulla vicenda della piccola peruviana la Procura fiorentina ha aperto un fascicolo per sequestro di persona a scopo di estorsione: sin da subito le indagini si sono concentrate sul racket degli affitti nell'ex hotel, con opposte fazioni di sudamericani e romeni a contendersi la piazza, anche se finora alla famiglia non è arrivata alcuna richiesta di riscatto. Nel corso dei mesi non sono state escluse le ipotesi che la piccola Kata abbia lasciato l'Italia e sia tornata in Perù, così come quella che sia stata rapita per uno scambio di persona.
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