«Una volta che il centrodestra andrà al governo l'impegno è occuparsi prioritariamente della vostra Regione. Prepareremo un Piano Marshall per le infrastrutture. Rilanceremo il Ponte sullo Stretto e punteremo sullo sviluppo, anche con l'apertura di un casinò, magari a Taormina».
Silvio Berlusconi rispolvera la forma dei tempi migliori, indossa l'abito da campagna elettorale e infiamma la folla che lo accoglie alle Ciminiere, centro congressi ricavato da un'area industriale in disuso e nato per iniziativa proprio di Nello Musumeci ai tempi della sua presidenza della Provincia di Catania. E proprio con Musumeci, candidato che non è mai stato forzista, Berlusconi dimostra di stare rafforzando il feeling, avendone colto spessore e magnetismo elettorale.
Il presidente di Forza Italia torna a Catania dopo 9 anni. Complice il pienone e un entusiasmo degno dei tempi del 61 a zero (per il calore causato dalle tante presenze l'organizzazione è costretta a ricorrere a grandi ventilatori) Berlusconi mostra di stare affinando le armi dialettiche non soltanto per il voto del 5 novembre, ma anche per la battaglia delle Politiche. E lo fa nel giorno in cui a Catania si ritrovano a battagliare, in una sorta di sfida oratoria a distanza, i tre leader del centrodestra, con Giorgia Meloni a Piazza Stesicoro, in una maratona oratoria contro lo ius soli, e Matteo Salvini di fronte allo splendido Teatro Massimo Vincenzo Bellini, prima di ritrovarsi a cena insieme.
Berlusconi sintetizza il suo programma in un semplice slogan: «Meno tasse per tutti». «Per la Sicilia e il Paese serve una diminuzione sistematica della pressione fiscale. Quando le tasse superano il 70% sono una rapina di Stato», denuncia, ipotizzando «l'esenzione totale per i siciliani che rientrano» dall'estero. Ma anche rilanciando la costruzione del Ponte sullo Stretto, «avversato dalla sinistra e da Di Pietro perché temevano potesse essere troppo legato al mio nome». Il Cavaliere lancia l'idea dell'apertura di un casinò, probabilmente a Taormina, anche per colmare il gap delle presenze turistiche con Malta e con le Isole Baleari. E batte sul tasto delle infrastrutture: «Servono nuovi porti turistici, il raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina e far ripartire i cantieri». Quella che Berlusconi ha in mente è una vera e propria rivoluzione. Un «piano Marshall», appunto, che vale dai 5 ai 6 miliardi di euro di investimenti annui.
C'è spazio per un ricordo sentito dell'«amico vero Umberto Scapagnini, sindaco ancora rimpianto che mi parlava di Catania in ogni occasione utile. Mi diceva che io posso vivere 120 anni... Ce la sto mettendo tutta». Poi l'attenzione si sposta verso i Cinque stelle, i veri rivali qui sull'isola. Già Musumeci - nel suo appassionato intervento - aveva dettato il suo auspicio. «Non sarà la demagogia e il linguaggio rancoroso e vergognoso dei Cinque stelle a vincere. Lo dico con forza: non vi consegneremo mai questa terra. Vi chiedo un patto di fiducia. Questa sarà la mia ultima campagna elettorale, uscirò di scena tra cinque anni, ma voglio una terra degna dei nostri avi da offrire ai nostri figli». Berlusconi si attesta sulla stessa frequenza. «Avete avuto una serie di dominatori: gli Svevi, i Normanni, gli Aragonesi e i Savoia. Ma non è che dopo tutte queste nobili dominazioni volete farvi dominare da un certo Grillo dei Cinque stelle?». «Bisogna raccontare - continua - i pericoli che si corrono con un governo Cinque stelle a livello nazionale e in Sicilia: dalla violenza del linguaggio si passa alla violenza fisica. Non hanno competenze, sono loro i veri professionisti della politica.
Un voto a loro sarebbe un atto di masochismo perché chi ci andrebbe di mezzo sarebbero i vostri figli».Infine una invocazione alla santa patrona di Catania. «Ah dimenticavo, in questi due giorni fate una preghiera convinta a Sant'Agata» per il bene e il futuro della vostra città.
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