Più immigrati uguale più criminalità. L'equazione che qualcuno potrebbe bollare come becera e figlia di un pregiudizio è confermata dalle statistiche. Che ci dicono anche un'altra cosa: il Centro-Nord, sta superando il Sud in quanto a tasso di criminalità. A fare il punto è una delle categorie più penalizzate dalla criminalità, cioè il commercio. Ieri la principale associazione degli esercenti, Confcommercio, ha presentato l'iniziativa «Legalità, mi piace». La denuncia del presidente della Confederazione Carlo Sangalli è chiara: i fenomeni criminali «non diminuiscono e quest'anno sottraggono alle imprese del commercio e ai pubblici esercizi 26,5 miliardi di euro di fatturato con la perdita di 180.000 posto di lavoro regolari». Con un dato più che allarmante: un negoziante su 10 è stato minacciato.
Tra i dati diffusi dal centro studi della confederazione diretto da Mariano Bella, spunta un focus sul ruolo dell'immigrazione. Per capire quanto pesi, il ricercatore ha calcolato quanto varia in percentuale il tasso di criminalità se crescono di almeno un punto percentuale alcune variabili. La prima è il Pil. E la relazione è diretta. Per ogni punto di ricchezza, la criminalità (cioè i reati denunciati) cresce dello 0,3%. La spiegazione è chiara: la ricchezza attira i criminali.
Poi l'immigrazione. Se la presenza di immigrati sale di un punto percentuale nella stessa area si registra un aumento del tasso di criminalità dello 0,4%. Impossibile che non ci sia una relazione.
Bella si è quindi concentrato sugli autori dei crimini. Il tasso per gli italiani è di 4,3 criminali ogni 1.000 abitanti. Gli stranieri residenti regolari sono il doppio: 8,5 ogni mille. Se si passa agli immigrati irregolari, la presenza di autori di crimini sale: tra 148 e 247 ogni mille persone.
C'è un «ma» molto importante nello studio di Bella. La presenza di stranieri con un «progetto formativo» preciso (che in questo caso è dato da un indicatore particolare, l'iscrizione dei ragazzi ai licei) fa calare il tasso di criminalità. Famiglie di stranieri integrati e con progetti di lungo periodo, spiega il ricercatore di Confcommercio, fa calare il tasso di criminalità dello 0,1%. Così come la presenza di «capitale sociale». Cioè di cittadini responsabili, che denunciano i crimini quando li vedono. In questo caso il calo è addirittura dell'1,7%.
Queste variabili hanno condizionato molto il tasso di criminalità delle regioni. In Emilia Romana è altissimo, al 56,7 denunce ogni 1.000 abitanti. In Sicilia e Calabria rispettivamente 38,1 e 32,6. Nella prima regione la presenza di stranieri è intorno al 12%. Nelle due regioni del Sud si ferma al 4%. Anche in questo caso è difficile non vedere un nesso.
Confcommercio ha commissionato a GfK Eurisko una indagine sulla criminalità percepita dai commercianti e imprenditori. Più di un imprenditore su quattro, il 28%, pensa ci sia stato un peggioramento nei livelli di sicurezza per la propria attività rispetto all'anno scorso, il dato si accentua al Nord Est, al Sud e nel settore alimentare. I fenomeni maggiormente percepiti in aumento sono: l'abusivismo (in aumento per il 51% delle imprese), i furti (per il 47%), la contraffazione (per il 44%); seguono le rapine (37%).
Più contenuta la crescita dei comportamenti criminali tipicamente collegabili alla criminalità organizzata. «Se vogliamo tornare a crescere - ha sottolineato Sangalli - bisogna rimuovere i difetti strutturali della nostra economia, a partire dal deficit di legalità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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