Questa era una specie di prova generale. È andata bene. E adesso possiamo dire che l'aria è davvero cambiata». A mezzanotte di ieri, la voce di Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia, porta i segni della stanchezza. Dalle sei di pomeriggio, il «vice» del ministro Marta Cartabia è stato impegnato nel tentativo di sbrogliare la prima grossa grana dell'esecutivo sul tema giustizia: l'utilizzo dei trojan, i captatori informatici in grado di prelevare dai telefoni l'intera vita tecnologica dei possessori. Per ore, all'interno della commissione Giustizia della Camera, l'intesa - soprattutto con i 5 Stelle - è apparsa ardua. Ma alla fine il voto favorevole è arrivato. E l'esausto Sisto può compiacersi: «É una prova di maturità di tutti i gruppi, il giusto riconoscimento dei principi che i garantisti, come è da sempre Forza Italia, sostengono convintamente. Al centro del processo da oggi torna il cittadino e non la pubblica accusa».
In concreto, cosa è accaduto?
«Che la commissione Giustizia, in occasione di un parere che doveva esprimere su un decreto del precedente governo sulle tariffe per le attività di captazione informatica, ha fissato dei principi che portano il sistema delle intercettazioni all'interno delle garanzie processuali. I trojan esistono, sono stati previsti dalle leggi del precedente governo, possono piacere o non piacere. Ma la questione, oggi, è solo l'uso che se ne può fare».
Che limiti avete messo?
«Il primo riguarda il luogo dove i risultati delle intercettazioni sono custoditi. Abbiamo ribadito che possono essere solo quelli previsti dal codice, ovvero procure e uffici di polizia. I privati che realizzano le intercettazioni possono trattenerli solo il tempo necessario a trasmetterli. É importante, perché più a lungo i dati restano in mani esterne e più vi è la possibilità che la riservatezza venga violata».
Purtroppo accadeva spesso.
«Gli abusi sono spesso agevolati dalla oscurità o imprecisione delle norme. Noi abbiamo messo regole precise, su questo e sull'altro punto cruciale: il trojan può essere usato solo per ascoltare solo ciò che avviene in diretta, può servire solo per i flussi, le cosiddette comunicazioni dinamiche. Non può essere usato per estrapolare dal telefono il suo patrimonio statico di immagini, di video, di mail, rubriche, che permettono una incursione secca, a 360 gradi in anni di vita di una persona. Questo sarà possibile solo con un decreto di perquisizione ed eventuale sequestro motivato ».
I grillini avevano annunciato difesa a oltranza del vecchio testo, firmato dal loro ministro Alfonso Bonafede.
«Fino a giovedì c'erano delle fibrillazioni, poi col ragionamento si è arrivati a una quadra. Vede, purtroppo si era creata in passato una certa disabitudine al metodo di discutere, si partiva prima dall'effetto politico senza ragionare più di tanto sui principi, quasi fossero secondari. Ora abbiamo iniziato un percorso diverso, scelto un metodo indubbiamente più virtuoso».
È stata dura?
«Il metodo Cartabia è indubbiamente impegnativo: cercare di fare ragionare tutti non è semplice. Il voto di ieri è stato, lo dico con soddisfazione, proprio di un primo provvedimento veramente garantista assunto da questa maggioranza, a prova concreta di un orientamento che la ministra ha sempre auspicato: una convergenza sui principi delle garanzie costituzionali per il cittadino. Abbiamo avviato un percorso che non è più fatto di bandierine di partito, di paletti ideologistici, ma di competenze e di garanzie in ordine sparso. Abbiamo stabilito che davanti ai diritti fondamentali del cittadino non possono esserci dubbi di sorta.
E che se ci sono, la democrazia è fatta apposta per superarli. Questo è quello che io chiamo un sano metodo parlamentare. Ieri tutti i gruppi parlamentari hanno dato una bella dimostrazione in questo senso, che fa ben sperare. Perché una cosa è sicura: siamo solo all'inizio».
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