Nella tranquillità agostana la notizia della tassa sugli extra-profitti bancari italiana si guadagnata spazi di rilievo su agenzie come Bloomberg e Reuters. Il motivo lo si intuisce guardando le Borse degli altri Paesi europei, con banche tedesche e francesi che hanno avuto sedute difficili: Commerzbank (-3,3%), Deutsche Bank (-4%), Crédit Agricole (-2,4%). «La preoccupazione è che misure simili possano essere implementate in altre economie, come ha già fatto anche la Spagna», spiega Giorgio Broggi di Moneyfarm.
Il governo di Pedro Sánchez, infatti, ha approvato nel 2022 la primissima tassa sugli extra-profitti bancari per finanziare la risposta all'impatto economico riconducibile alla guerra in Ucraina. L'imposta è, allo stato attuale, di carattere temporaneo: rimarrà in vigore per due anni, durante i quali Madrid punta a riscuotere circa 2,5 miliardi di euro. Nel dettaglio, la tassa che devono versare le grandi banche equivale al 4,8% sulle entrate dai margini d'interesse e commissioni per le attività condotte in Spagna. Viene applicata ai risultati per gli esercizi 2022 e 2023. Lo Stato ha già incassato una parte del gettito, nello specifico 637,1 milioni di euro corrispondenti al 50% del totale annuale per il 2022. La seconda tranche verrà versata a settembre. Secondo le ultime stime, nel 2022 le sei principali banche spagnole (Santander, Bbva, CaixaBank, Sabadell, Bankinter e Unicaja) hanno ottenuto utili complessivi pari a 20,8 miliardi di euro (+28% rispetto al 2021), mentre nel primo semestre 2023 i guadagni sono stati di oltre 12,3 miliardi. Secondo la Banca di Spagna, il valore della nuova tassa sul «risultato netto consolidato» del 2022 sarà del 5%.
Anche nel Regno Unito l'ipotesi di una tassa sugli extra profitti è allo studio dopo che le banche sono state accusate di «affarismo» e lo scorso mese, il regolatore finanziario ha chiesto alle banche di accelerare gli sforzi per migliorare l'accesso alle loro migliori tariffe di risparmio. Una tassa straordinaria per grandi società (tra queste le banche) è stata introdotta nel 2022 anche dal governo di Viktor Orbán in Ungheria.
Insomma, l'idea di introdurre una tassazione extra per le banche non è solo una questione italiana, e sicuramente le banche nel Regno Unito e altrove nell'Unione europea sono attente a valutarne gli sviluppi all'interno dei propri confini.
Il fatto che, ora, due delle quattro principali economie europee hanno già un'imposta di questo tipo - sebbene differenti tra di loro nel funzionamento - ha fatto ritenere agli investitori possibile che Francia e Germania possano mettere in pista qualcosa di simile, soprattutto in un contesto in cui le rigide regole di spesa del Patto di Stabilità si avviano a ritornare in vigore e i Paesi dovranno per questo trovare nuove fonti di finanziamento per la loro spesa pubblica. La stessa misura italiana, infatti, andrà a finanziare una voce importante per la manovra 2024 che è quella relativa all'abbassamento della pressione fiscale.
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