L'ansia di peones e miracolati

Il 65% dei parlamentari è nuovo. E il bis è a rischio

L'ansia di peones e miracolati

Roma . Lo strano (neppure troppo) caso di quei «peones» che neanche il tempo di abituarsi al caffè della buvette rischiano di dover fare le valigie, è una faccenda da non sottovalutare, nella complicata equazione di questa XVIII legislatura. Perché fra Palazzo Madama e Montecitorio, c'è tutta una terra di mezzo: un esercito di deputati e senatori che il 4 marzo ce l'ha fatta, in qualche modo, ma il bis non glielo garantisce nessuno. Sarà per questo che la parola d'ordine che risuona più forte nei corridoi semivuoti dei due emicicli, in queste ore, è «responsabilità»: tradotto, aggrapparsi ad ogni possibilità di sopravvivenza, pur di non tornare a casa.

Con l'ipotesi di un ritorno alle urne che somiglia sempre più a un ballottaggio fra le due forze preminenti dell'ultima tornata elettorale, cioè Lega e M5s, sono soprattutto i piccoli partiti, quelli che raccolgono tutti i transfughi, a rischiare l'estinzione. In un Parlamento che annovera il 65% di neoeletti è lecito pensare che la preoccupazione per elezioni anticipate abbia preso il sopravvento su quella per la fase di stallo in cui è ormai bloccato il paese da oltre due mesi. Alla prossima tornata, insomma, potrebbero essere in tanti a non varcare la soglia di Camera e Senato. Per esempio, quel manipolo di deputati e senatori eletti col M5s, circa nove, espulsi per varie ragioni dopo la formazione delle liste e «congelati» nei gruppi Misti in attesa del pronunciamento dei probiviri.

Dati alla mano, non sembrano poter dormire sonni tranquilli neppure i 14 deputati e i 4 senatori di Liberi e Uguali, la creatura di Pietro Grasso che si attesta stabilmente ormai sotto la soglia minima necessaria del 3% per entrare in Parlamento, fermo restando l'attuale Rosatellum. Che dire, poi, di quelle sigle salve per il rotto della cuffia, da Civica Popolare a «Noi con l'Italia» e +Europa, candidate a scomparire. Se si andasse al voto adesso, il centrodestra unito, circa al 39% nei sondaggi, sarebbe a un passo dal quorum necessario per la formazione di una maggioranza stabile. Eppure, tanto non basta, anche da questa parte, per dare certezze ai neoeletti. Almeno quelli di Fratelli d'Italia e di Forza Italia. Con una Lega pigliatutto, in crescita costante, quotata oggi oltre il 20%, molti dei parlamentari di Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni saranno alle prese, in queste ore, con le calcolatrici e i righelli. Le scorse elezioni hanno visto catapultati in Parlamento nomi e volti nuovi anche grazie ad un sistema elettorale che ha favorito il voto di coalizione, soprattutto nei collegi uninominali. Ad oggi, però, gli equilibri politici spostano qualche asse un po' più in là. Non è scontato, per esempio, che l'alleanza di centrodestra tenga saldamente al prossimo turno: Matteo Salvini potrebbe correre allo spareggio da solo con il duellante Di Maio.

D'altro canto anche al Nazareno, qualche acqua il redivivo Renzi l'ha agitata: mentre la sua truppa parlamentare potrebbe addirittura crescere, quella dei Dem, alle prese con un partito in calo percentuale costante, dovrebbe correre ai ripari per riorganizzarsi, nel tentativo sempre più difficile del non tracollo.

Tra i neo parlamentari, chi se la passa meglio sono quindi, da un lato, deputati e senatori grillini, visto che il Movimento continua a posizionarsi come prima forza politica del Paese; dall'altro le new entry del Carroccio, che stante l'ondata favorevole, potrebbe fare l'en plein e non solo nei collegi del Nord. Per tutti gli altri, dei circa 615 parlamentari di primo pelo, le cose stavolta potrebbero andare un po' diversamente.

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