L'anziano radical-chic che spaventa la finanza

Sovranista di sinistra e abile oratore Se vince addio euro e nuova Costituzione

L'anziano radical-chic che spaventa la finanza

Ha avuto l'encomiabile endorsement del presidente della Bolivia, il socialista pseudorivoluzionario Evo Morales, il sostegno di molta intellighenzia della sinistra d'Oltreoceano, ma anche di Pamela Anderson, l'ex bagnina di Baywatch. Jean-Luc Melenchon piace fuori dai confini, ma anche in Francia. Non a tutti, però. La comunità ebraica, infatti, ha fatto sapere di non gradire i candidati estremisti, come lui e la Le Pen. Ma chi è Melenchon? Un sessantacinquenne cresciuto nelle file socialiste, che ha avuto diversi incarichi di governo, ma si è sempre identificato nell'ala più radicale del Psf, che poi ha abbandonato nel 2008 per fondare una nuova compagine politica. E ora, con la sua «France insoumise» (Francia ribelle), è riuscito a diventare uno dei protagonisti della campagna per l'Eliseo. La sua abilità retorica e i suoi messaggi populisti hanno incendiato il cuore di molti francesi perché è stato capace di toccare corde profonde. I suoi slogan no global contro il sistema, il suo nazionalismo protezionista e le sue promesse di cambiare le regole per restare nell'Unione Europea, nell'euro, nella Nato stanno facendo presa. I suoi strali contro il potere finanziario e la tirannia della globalizzazione sembrano accendere un po' di speranza in quelle fasce della popolazione scontenta, che attribuisce tutte le colpe del malessere francese a cause esterne. Che cosa accadrà se dovesse conquistare il ballottaggio e poi vincere le elezioni presidenziali? La prima conseguenza sarebbe il decesso del Partito socialista, già in coma da tempo e incapace di dare risposte a una Francia, che come molti altri Paesi europei sta vivendo un periodo di declino e di crisi d'identità. Ma potrebbero cambiare radicalmente molte altre cose. Se Melenchon realizzasse alla lettera i suoi progetti elettorali, troveremmo col tempo un Paese stravolto. Il suo programma neo giacobino non lascia spazio a equivoci. Per il candidato dell'estrema gauche la riconquista della sovranità nazionale è un punto inderogabile, tanto da voler cambiare l'assetto costituzionale della Repubblica, affidando la riscrittura della Carta direttamente al popolo e i ntroducendo nuovi principi, come la statalizzazione dei beni comuni (energia, gas e acqua), la settimana lavorativa di 30 ore, il diritto all'eutanasia e all'aborto.

Sul fronte Unione Europea, poi, ha le idee chiarissime: vuole nazionalizzare la Banca centrale, avere il controllo sui movimenti di capitali e bloccare il controllo sul bilancio dello Stato. Insomma, il suo piano è assestare un colpo alla Ue con trazione tedesca e se ciò non fosse gradito a Bruxelles e Berlino, Melenchon sarebbe pronto a seguire l'esempio di Londra e a dare l'addio all'Unione. Il ritorno al franco segnerebbe l'inizio di una fase di protezionismo economico e ricalcherebbe le politiche tanto care ai leader populisti e bolivariani del Sudamerica.

La riconquista della sovranità nazionale, infine, avrebbe anche un effetto devastante in politica estera: la Francia di Melenchon abbandonerebbe la Nato, mandando in pensione la politica atlantista e riesumando la tradizione e l'atteggiamento dei partiti comunisti europei prima della caduta del Muro. Ecco, questa è la nuova-vecchia gauche francese.

Ed è perciò comprensibile che i partiti di sinistra del Vecchio Continente, Italia inclusa, non abbiano abbracciato il candidato di Francia Ribelle e guardino con diffidenza l'uomo che ricorda loro tutte le giravolte politiche e ideali che hanno compiuto in questi decenni.

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