L'asse liberale Meloni-Milei. "I sussidi portano al baratro"

La premier con il presidente argentino: "Come noi sa che il lavoro è l'unico antidoto per la povertà". L'urlo "Viva la libertad, carajo!"

L'asse liberale Meloni-Milei. "I sussidi portano al baratro"
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«Viva la libertad, carajo!» Al Circo Massimo Javier Milei fa risuonare tre volte il suo grido di battaglia, un grido che dà forma e sostanza all'anelito a un'Argentina più libera e meno oppressa dai vincoli dello Stato. La platea si esalta e risponde con il coro «Libertà, Libertà, libertà».

È l'ospite più atteso di questa edizione il presidente argentino, la star internazionale che con le sue idee e i suoi risultati sta conquistando l'attenzione del mondo come grande outsider libertario, liberista e «occidentalista», fedele all'intento di trasformare la sua patria nella nuova «mecca del mondo occidentale», attraendo attenzione e investimenti internazionali.

Per lui sul palco sale una presentatrice d'eccezione, Giorgia Meloni. «Sta portando una vera e propria rivoluzione culturale in una nazione che è sorella dell'Italia - esordisce la premier -. Come noi condivide l'idea che la politica fatta solo di sussidi è una politica che porta i Paesi verso il baratro, come noi sa che il lavoro è l'unico antidoto vero per la povertà». Milei incassa subito una standing ovation. «Io qui sento di essere in famiglia» dice il presidente argentino che ha appena ricevuto la cittadinanza italiana con una procedura veloce. «Sento un profondo legame di sangue che passa attraverso le generazioni. Italia e Argentina sono legate da una fratellanza indissolubile». Il discorso si sposta poi sull'identità e l'appartenenza politica, con l'idea di creare una sorta di internazionale delle destre. «Come diceva Lenin, che era di sinistra ma ci capiva, senza teoria rivoluzionaria non ci può essere movimento rivoluzionario. C'è la necessità di dare vita a un internazionalismo della destra. Siamo di fronte ad un cambio epocale. Il virus woke sta cedendo di fronte ad una nuova politica. Dobbiamo rimanere uniti e stabilire canali di cooperazione in tutto il mondo». E ancora: «La destra deve lottare unita come una falange di opliti o come una legione romana, dove nessuno rompe la formazione» dice l'argentino, sottolineando la sua «ammirazione per l'antica Roma» che «non viene da adesso ma da lontano».

«Siamo migliori della sinistra in tutto», puntualizzando con un sorriso che avrebbe voluto usare parole più «colorite» per esprimere il concetto ma «visto che sono presidente in carica devo guardare alla forma. La sinistra è il culto del potere, preferisce regnare all'inferno che servire in paradiso e se deve trasformare il paradiso nell'inferno per mantenere il potere lo fa senza scrupolo». «Il nostro governo è in carica da un anno quando tutti i politici di professione dicevano che saremmo durati un paio di mesi. Le ricette tradizionali della politica hanno fallito. Le mie ricette non sono quelle tradizionali ma funzionano e oggi questa stessa gente si sorprende dei risultati. Dicono che la politica è l'arte del possibile. Stiamo dimostrando che è l'arte di rendere possibile ciò che i mediocri dicono che è impossibile».

Milei durante la sua due giorni italiana accetta l'invito di Quarta Repubblica. E nel salotto di Nicola Porro (la puntata andrà in onda domani sera) si concede alcune delle sue battute tra chat che lo hanno reso famoso in questo primo anno di mandato. «Noi, in Europa, parliamo con Giorgia Meloni, a cui mi lega una grande amicizia.

La cosa che più mi ha colpito di lei è il coraggio: è una donna veramente coraggiosa, dotata di grande flessibilità quando si tratta di portare avanti situazioni difficili. È ammirevole. Ho degli ottimi rapporti anche con Emmanuel Macron». «Non c'è dubbio, noi - dice facendo riferimento a Meloni e Trump - stiamo cambiando la visione del mondo».

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