L'attivismo nero affonda il basket Usa

Nba pro Black Lives Matter: crolla l'audience Tv. «Pensate a giocare»

L'attivismo nero affonda il basket Usa

Immaginate l'audience di Italia-Olanda nell'enorme mercato televisivo americano. Perché nell'universo in cui 30 secondi di spot televisivo possono valere milioni di dollari, che la partita decisiva che assegna il titolo del basket Nba faccia meno di un'italico match di calcio segna un fallimento clamoroso. E la morte del polically correct applicato allo sport.

Insomma: Los Angeles Lakers- Miami Heat capitolo 6, quello dell'ennesimo successo della star afroamericana LeBron James, ha totalizzato 5 milioni e 700 mila spettatori, che non sono solo 700mila in meno di una qualsiasi sfida dei nostri eroi azzurri sul nostro piccolissimo (facendo il paragone) schermo, ma anche numeri da tracollo rispetto al recente passato. Per dire: nel 2019 l'ascolto tv segnò una cifra intorno ai 15 milioni, senza dimenticare le finali in epoca Michael Jordan che realizzavano perfino il doppio.

Colpa del Covid, direte voi. Ed invece la verità viene a galla dalle mezze parole del commissioner della lega Adam Silver, l'uomo che comanda una gallina che ha improvvisamente smesso di fare uova d'oro. In pratica: l'appoggio esplicito al movimento Black Lives Matter ha allontanato molti spettatori, nonostante l'80 per cento dei giocatori Nba sia di colore. E alcuni «amici», facilmente identificabili come presidenti di club e munifici sponsor della pallacanestro Usa, pare abbiano consigliato a Silver di tornare a concentrarsi più sul basket giocato che come mezzo per rivendicazioni sociali. Paradossi insomma di un'America che urla contro Trump, ma che sottovoce sembra essere stufata di essere buona per forza. E il problema diventa non di poco contro, se si vanno a toccare le casse già messe in ginocchio dalla mancanza di profitti al botteghino.

Nella bolla di Disneyworld, dove si è disputata l'ultima parte della stagione, l'Nba ha fatto del movimento di protesta nera un vessillo: scritte sui campi di gioco, messaggi in ogni dove, la possibilità per i giocatori di mettere sulla maglia - al posto del nome - indicazioni come «giustizia», «libertà», «eguaglianza». Tutto assolutamente condivisibile, ma forse troppo. Almeno secondo i fan che pagano abbomnamenti alla Tv e al servizio streming della Nba solo per vedere giocare a basket. E ha pure infastidito il doppiopesismo della Lega, silente per esempio su quanto succede in Cina, partner commerciale più importante del dorato mondo della palla a spicchi americana. Tanto che quando in pre-season l'amministratore di Houston Daryl Morey fece un tweet in appoggio alle proteste di Hong Kong, il boicottaggio delle Tv di Pechino fece correre Silver a chiedere scusa.

E perfino LeBron disse che Morey era «malinformato o davvero poco istruito sulla situazione». Un'entrata sbagliata, insomma, in un campo che al pubblico Nba ha dimostrato di non gradire. Spegnendo la Tv nel momento più bello.

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