L'esperimento del '62 e i piani falliti: un'esplosione distrusse tutti i satelliti

Una carica nucleare a 400 km di altezza sul Pacifico: le radiazioni si propagarono nei mesi successivi. Il progetto Reagan mai avviato

L'esperimento del '62 e i piani falliti: un'esplosione distrusse tutti i satelliti
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«Quando la luce violacea si trasformò in magenta e cominciò a svanire... un brillante bagliore rosso cominciò a svilupparsi sull'orizzonte... il cielo era un semicerchio rosso opaco, ardente... che cancellava alcune delle stelle minori. Questa condizione, intervallata da tremendi arcobaleni bianchi, persistette per non meno di novanta minuti». Così un vecchio rapporto del Pentagono descrive la prima esplosione nucleare nello spazio sperimentata dagli Usa nell'agosto 1962. L'esperimento, denominato in codice Starfish Prime, iniziò con l'esplosione di una carica nucleare a 400 chilometri di altezza sul Pacifico, ma ebbe anche effetti tanto spettacolari quanto devastanti e inattesi. Nei mesi successivi l'onda radioattiva dilagò nello spazio mettendo fuori uso sei dei pochissimi satelliti presenti in orbita al tempo. Proprio queste conseguenze spinsero Usa e Unione Sovietica a firmare prima la moratoria sui test nucleari nello spazio e poi il Trattato sullo Spazio Esterno che vieta la messa in orbita di testate atomiche. Ora però tutto ciò sarebbe a rischio.

A evocare l'incubo di una guerra spaziale a colpi di atomiche ci ha pensato mercoledì Michael R. Turner, un deputato repubblicano, presidente della Commissione intelligence del Congresso Usa, che ha chiesto alla Casa Bianca di desecretare i dossier sui tentativi russi di sperimentare nuove armi atomiche anti-satellite. Il tutto tra l'irritazione della Casa Bianca che ha subito ridimensionato la minaccia parlando di un «rischio a medio o lungo termine». Così molti si chiedono se le parole di Turner, fervente sostenitore, in controtendenza con il suo partito, della necessità di armare l'Ucraina si nascondano reali minacce o semplice propaganda. Chi annusa odore di propaganda ricorda che un «no» repubblicano alla Camera farebbe naufragare il pacchetto di nuovi aiuti per 60 e passa miliardi indispensabile a Kiev per fermare l'avanzata russa. Chi teme una minaccia reale cita, invece, il lancio - una settimana fa - del razzo russo Soyuz-2-1v spedito in orbita con un carico militare segreto.

La scelta di Mosca rappresenterebbe una sorta di nemesi. A suo tempo, infatti, molti osservatori attribuirono il collasso dell'Urss all'impossibilità economica di contrastare i progetti di guerre spaziali annunciati nel 1983 da Ronald Reagan. In verità le guerre spaziali di reaganiana memoria si rivelarono una boutade. L'idea di sventare un attacco nucleare abbattendo i missili a colpi di raggi laser sparati dai satelliti risultò troppo costoso e troppo all'avanguardia anche per gli Usa. E così dieci anni dopo l'amministrazione Clinton ne decretò la fine. A riesumarli ci ha pensato nel 2019 Donald Trump dando il via ai finanziamenti che comprendono tra l'altro il progetto «Space X» gestito da Elon Musk. Detto questo c'è da chiedersi se la Russia, già in difficoltà a fronteggiare le tecnologie occidentali dispiegate sui fronti ucraini abbia le risorse scientifiche e materiali indispensabili a sviluppare un arsenale nucleare spaziale. Anche perché in assenza di efficaci «scudi atomici» l'onda radioattiva provocata da un'esplosione nello spazio non distinguerebbe tra satelliti amici e nemici provocando un «black out» generalizzato.

Del resto i documenti del Pentagono pubblicati nell'aprile 2023 dal Washington Post sottolineavano il declino dei programmi spaziali russi contrapponendolo all'inedita pericolosità della neo-nata «forza spaziale» di Pechino. Una «forza» che conta oggi su 700 satelliti in orbita di cui almeno 250 utilizzati per attività di intelligence, sorveglianza e ricognizione.

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