Michele Santoro è pronto a (ri)discendere in campo. Già europarlamentare di sinistra dopo l'uscita dalla Rai, prima ancora giovane maoista salernitano, quindi a Viale Mazzini in quota Pci, poi capopopolo della stagione anti-berlusconiana, il teletribuno ha in fondo sempre fatto politica con altri mezzi (televisivi). Da tempo Santoro si annoia della pensione e sente il richiamo della piazza, organizza convegni, corteggia no-vax e filorussi, raduna gruppi di intellettuali eretici. In due parole: si prepara a fare politica. Grazie al fiuto per l'audience allenato in anni di televisione generalista Santoro ha capito che mentre a destra lo spazio politico è saturo, a sinistra (del Pd) vede invece no. Tanti partitini minuscoli ma nessuno che catalizzi veramente la pancia del popolo che fu (o è ancora?) comunista e non si riconosce in nessun leader. Un'area frammentata, che di fatto non esiste più, ma che il pacifismo anti-Nato e anti-Usa sembra aver risvegliato negli ultimi tempi.
Del resto ci hanno provato in tanti, da Ingroia, a Pietro Grasso (Leu), ai fan del greo Trispras, alle Sardine, ma sempre con esiti microscopici. Santoro, nel 2004, prese 740mila preferenze alle Europee, un record. Perché non ritentare? Non però «un blitz elettorale che non va da nessuna parte», l'ex conduttore ha in mente altro e guarda ai resti del M5s. «Se Giuseppe Conte decidesse di fare politica, e non tattica, se lasciasse il governo di Mario Draghi per mettersi in gioco a sinistra e rischiare allora sarei anche disposto a dare una mano» spiega al Foglio. Il consiglio è di mollare Draghi e cavalcare l'onda del no alle armi, «intorno alla questione della guerra si può ricostruire un'offerta politica a sinistra, da osservatore penso che manchi la sinistra in Italia, e non è un mistero», suggerisce, intravedendo da quelle parti non un semplice bacino elettorale, ma un vera «prateria». Con uno sguardo anche alla Francia, dove il leader di sinistra Jean-Luc Mélenchon ha sfondato.
Anche altri hanno fiutato la stessa pista. Maurizio Landini, il segretario della Cgil, nei giorni scorsi ha riunito i leader del centrosinistra per lanciare - come ha raccontato il Giornale - un'agenda politica per la sinistra italiana, alternativa a Draghi, perché «il popolo non si sente più rappresentato e infatti non va a votare per gli attuali partiti», che ormai «rispondono alle multinazionali e a altri interessi», ha spiegato Landini. Con un programma economico ben preciso, per una sorta di partito dei populisti rossi, garantito dai voti della Cgil, in prospettiva di un autunno caldo di contestazioni al governo. «Vogliamo che prima di scrivere la legge finanziaria Draghi ne discuta con noi: dobbiamo capovolgere il percorso. Costruiamola noi e sosteniamola nelle piazze».
Sempre nel campo della sinistra tentano di organizzarsi e uscire dalle percentuali da prefisso telefonico anche i partitini già esistenti: Sinistra Italiana (gli eredi di Vendola) e gli ambientalisti di Europa Verde (gli eredi dei Verdi) annunciano un'alleanza politica rosso-verde. Al balcone c'è anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che vede spazio per « una formazione sociale e ambientalista. Da quella parti si muove anche Alessandro Di Battista, il Che Guevara di Roma Nord, dopo la scissione di Di Maio, potrebbe rientrare in partita con un M5s spostato a sinistra. Dipende però da dove lo traghetterà Giuseppe «Zelig» Conte.
L'avvocato cattolico, già alleato della Lega, poi del Pd, già simpatizzante renziano, prima populista e poi europeista, è capace di ogni metamorfosi. Anche in quella da leader della sinistra-sinistra, magari con l'aiuto di Santoro e del «consigliere» Travaglio?
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