L'Europa in ordine sparso. Schiaffi da Usa e Mosca

Il segretario di Stato Rubio non riceve la Kallas a Washington. Lavrov attacca Francia e Germania: "Vogliono inasprire il conflitto"

L'Europa in ordine sparso. Schiaffi da Usa e Mosca
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Cauterizzare l'arrembante azione di Emmanuel Macron che, assieme a Londra, lunedì ha dato disponibilità a Donald Trump per l'invio di truppe europee in Ucraina. Pur dichiarandole «non belligeranti», la sola ipotesi ha infatti scorticato la già fragile immagine comunitaria. Agli occhi di Washington quanto di Mosca. L'Ue ieri ha chiesto chiarimenti al presidente francese, chiamato a rispondere alle domande degli altri capi di Stato e di governo in merito al suo salto in avanti sullo schierare forze di peacekeeping. Nella videoconferenza a 27, a cui ha partecipato pure Von der Leyen, non c'è stata smentita rispetto a quanto detto al tycoon. E il solco tra chi da giorni cerca faticosamente di trovare una strada continentale comune e chi preferisce gruppi ristretti di dialogo, o agire in solitaria con l'altra potenza nucleare d'Europa, ieri si è allargato parecchio.

Il ministro della Difesa Crosetto, tranchant, ha chiarito su X che «i contingenti non si inviano come si invia un fax e per fare un comunicato stampa, soprattutto quelli delle altre nazioni». Se si parla a nome dell'Europa, è il j'accuse del titolare di Via XX Settembre, «bisognerebbe avere la creanza di confrontarsi con le altre nazioni, e ciò non è accaduto per gli aspetti militari della questione». Gli effetti del viaggio alla Casa Bianca dell'inquilino dell'Eliseo si riverberano a cascata nel Vecchio Continente: dividendolo ancor di più di quanto non lo sia già, indebolendo anche quelle istituzioni europee che altri leader cercano di difendere. Un conto è infatti mostrare i muscoli al Cremlino, dando prove di affidabilità agli Usa con un riarmo collettivo studiando nuovi strumenti come auspicato ieri al G20 dell'Economia in corso a Città del Capo: bisogna immaginare un Recovery Plan per la Difesa, è la posizione espressa da Giancarlo Giorgetti ai colleghi europei. Altro è prodursi in balzi in avanti sul terreno non concordati con i partner Ue, senza aspettare la riunione straordinaria a 27 convocata dal presidente del Consiglio europeo Costa, il 6 marzo, per tracciare scenari comuni di sicurezza e le garanzie per una pace ucraina né fragile né temporanea.

L'accelerazione sui boots on the ground, ha innescato pure la prevedibile reazione di Mosca. Ieri nuovo affondo del capo della diplomazia russa, Lavrov: certi Paesi europei, in particolare Francia e Gran Bretagna, puntano a «inasprire ulteriormente il conflitto parlando del possibile schieramento di loro peacekeeper in Ucraina senza consultare la Russia». Macron s'è affidato a quanto dichiara Trump; l'Ue punta invece a darsi una voce unica indicando un inviato da spedire all'eventuale tavolo negoziale. L'agire da primus inter pares del presidente francese ha dilatato pure la distanza tra Casa Bianca e Bruxelles, un effetto boomerang rispetto al tentato accreditamento dell'Ue come interlocutore «politico». Mentre Macron veniva infatti chiamato a rispondere dall'esecutivo comunitario alle domande che gli altri 26 leader si facevano da giorni in merito al suo colloquio col presidente americano su una «forza europea» franco-britannica da piazzare a Kiev, ieri l'Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Kallas, in visita a Washington riceveva un sonoro «schiaffo» diplomatico dal segretario di Stato Rubio. Messa alla porta. Incontro cancellato. Ufficialmente per «problemi di programmazione». Era però atteso da settimane.

E doveva essere il primo confronto non telefonico Usa-Ue dopo la Conferenza di Monaco, quando il vicepresidente Vance ha costretto l'Ue a guardarsi allo specchio; a reagire, pur con i suoi tempi. Per ora, con sanzioni a Mosca e presenza a Kiev, determinata anche a «continuare a non acquistare gas russo», ha chiarito ieri il Commissario Ue all'Energia, Jorgensen, pure in caso di accordo di pace con l'Ucraina.

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