L'Europa secondo Angela: avanti solo con chi ci crede

Economia, finanza e difesa: su questi ambiti Merkel si aspetta sostegno per l'Ue a geometria variabile

L'Europa secondo Angela: avanti solo con chi ci crede

Berlino - Il problema non è quale nome dare al progetto illustrato da Angela Merkel al vertice di Malta: la si può chiamare Europa a cerchi concentrici, a due o più velocità o della cooperazione rafforzata. La questione è sapere quali contenuti dare alla presa d'atto da parte del socio di maggioranza dell'Unione Europea e dell'eurozona, che così non si può andare avanti. E una volta che i contenuti saranno individuati bisognerà vedere chi vorrà restare nel vagone di prima oppure passare in seconda o terza classe. Al momento un nocciolo duro di Paesi fondatori dell'Ue ha appoggiato l'idea della cancelliera tedesca. Già a partire dal prossimo 25 marzo, 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, Merkel vuole mettere per iscritto che «non tutti i Paesi membri parteciperanno ai vari passi dell'integrazione europea».

Con una nota congiunta, a Berlino hanno risposto i governi di Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo: «Le differenti vie dell'integrazione e della cooperazione rafforzata forniscono risposte efficaci alle sfide che toccano gli Stati membri in maniera diversa». Alle dichiarazioni, però, devono seguire le firme dei trattati ma in Europa non si intravedono le condizioni politiche perché questo avvenga. A cominciare dall'Olanda del premier popolare Mark Rutte, primo sostenitore della via aperta da Angela Merkel. Il 2017 è un anno di grandi sfide elettorali fra le quali c'è appunto quella olandese. Rutte è insidiato da destra da Geert Wilders e dal suo Partito della Libertà. Trumpiano e anti-islamico, Wilders è in primo luogo profondamente anti-Ue e se prenderà il potere, ha promesso, chiederà ai suoi concittadini di esprimersi per referendum sulla permanenza dei Paesi Bassi nell'Ue. Il 23 aprile, poi, si vota in un grande Paese fondatore: la Francia.

Da Malta, Merkel non ha indicato in quali settori la Germania spingerà per una maggiore integrazione ma è facile immaginare che intendesse quella militare anche come reazione alle pressanti richieste di Donald Trump affinché gli alleati europei contribuiscano di più al mantenimento della Nato così come quella economica e finanziaria. Per tutta risposta da Parigi la candidata del Front National all'Eliseo, Marine Le Pen, ha lanciato un programma elettorale in 144 impegni con i francesi per «rimettere in ordine» la Francia. Fra i primi si parla del «ritorno alla moneta nazionale», dell'imposizione di una tassa del 3% su tutti i prodotti importati così come dell'uscita del Paese dalla Nato. Sotto questo profilo Angela e Marine appaiono come le campionesse di due visioni dell'Europa del tutto opposte: integrata e instradata verso un assetto quasi confederale la prima, patriottica e sovranista la seconda.

La Germania da parte sua ha metabolizzato le parole della cancelliera con relativa indifferenza: di un'Europa a più velocità ha parlato in passato anche il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Il falco del pareggio di bilancio non ha mai fatto mistero della sua preferenza per una Grecia cacciata dall'eurozona anziché salvata con l'aiuto dei contribuenti tedeschi ed europei. Con la sua uscita a favore di un'Europa dove ognuno cammina alla propria velocità e solo la Germania resta in testa con pochi paesi virtuosi Merkel ha ridotto il suo spazio politico. La manovra è rischiosa: da un lato la cancelliera ha dimostrato di aver fatto propria la lezione della Brexit: se qualcuno vuole fare un passo indietro, lo faccia pure.

Dall'altro Merkel rischia di dare credito ai Wilders e alle Le Pen che a forza di passi indietro rischiano di far venire giù l'intera costruzione europea che Merkel, Hollande e Gentiloni hanno ereditato dai loro predecessori.

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