La lezione inascoltata di Falcone sui giudici

Già 30 anni fa condannava "l'incompetenza nei tribunali" e chiedeva "carriere separate"

La lezione inascoltata di Falcone sui giudici

C'è un Falcone che pochi conoscono. Un Falcone dimenticato ancor prima della strage di Capaci. È quello che, dal 1982 al 1992, parlava coi suoi scritti, coi suoi interventi lontani dai riflettori mediatici, con le sue audizioni. Idee nette, controcorrente, che trovano poco spazio nelle celebrazioni in sua memoria forse perché aprirebbero uno squarcio nella magistratura, costringendola a interrogarsi su stessa. Eppure, non c'è miglior servizio che possa dare dignità al lavoro del giudice se non quello di ricordarle queste idee. Ecco cosa pensava sui temi principali della giustizia.

RESPONSABILITÀ CIVILE

Falcone dopo il referendum del 1988: «Gli italiani non ci vogliono più bene? Per forza: siamo incompetenti, poco preparati, corporativi, irresponsabili. (...) La stragrande maggioranza dell'elettorato ritiene che la funzione giurisdizionale non sia svolta attualmente con la necessaria professionalità e che bisogna porre rimedio alla sostanziale irresponsabilità dei magistrati».

LA COMPETENZA DEI GIUDICI

«Bisogna riconoscere responsabilmente che la competenza professionale della magistratura è attualmente assicurata in modo insoddisfacente; il che riguarda direttamente gli attuali criteri di reclutamento e quelli riguardanti la progressione nella cosiddetta carriera, l'aggiornamento professionale e i relativi controlli, la stessa organizzazione degli uffici e la nomina dei dirigenti».

L'ANM

«La crisi dell'Associazione dei giudici l'ha resa sempre più un organismo diretto alla tutela di interessi corporativi e sempre meno il luogo di difesa e di affermazione dei valori della giurisdizione nell'ordinamento democratico (...) Le correnti dell'Anm si sono trasformate in macchine elettorali per il Csm».

MANCANZA DI CONTROLLI

«L'inefficienza dei controlli sulla professionalità, cui dovrebbero provvedere il Csm e i Consigli giudiziari, ha prodotto il livellamento dei magistrati verso il basso».

PRECISIONE DELLE INDAGINI

«Non c'è altro da fare: rassegnarsi a lavorare moltissimo per raccogliere poco, e cioè con la prospettiva di potere utilizzare solo in minima parte a fini processuali i risultati delle indagini. Ma, soprattutto, bisogna migliorare la qualità professionale delle nostre indagini. Non c'è più spazio per verbali redatti in maniera approssimativa e per affermazioni generiche; tutto deve essere preciso, concreto, specifico».

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE

«Ho la faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l'habitus mentale, le capacità professionali richieste: investigatore il pm, arbitro della controversia il giudice».

AZIONE PENALE

«Ci si domanda come è possibile che in un regime liberaldemocratico (...) non vi sia ancora una politica giudiziaria e tutto sia riservato alle decisioni, assolutamente irresponsabili, dei vari uffici di procura e spesso dei singoli sostituti.

Mi sembra giunto il momento di razionalizzare e coordinare l'attività del pm, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica della obbligatorietà dell'azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli della sua attività».

GARANTISMO

«Perseguire qualcuno per un delitto senza disporre di elementi irrefutabili a sostegno della sua colpevolezza significa fare un pessimo servizio».

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