Il Libano, poi la Siria. "Un collasso migratorio"

I due conflitti possono riproporre le condizioni del 2015. Con l'ondata da un milione di persone

Il Libano, poi la Siria. "Un collasso migratorio"
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Il ministro egli Esteri, Antonio Tajani, lancia l'allarme: «Il problema è che si rischia un collasso migratorio». E aggiunge che «se continua la guerra civile rischiamo di vedere ripetersi quanto accaduto qualche anno fa». Il riferimento è alla prima fase del conflitto in Siria, fra il 2012 e il 2016, quando Aleppo venne distrutta dai combattimenti e solo la popolazione cristiana si ridusse a 25mila anime delle 150mila prima del conflitto. E ancora peggio quasi un milione di siriani si riversarono in Europa lungo la rotta balcanica accolti in gran parte in Germania. Adesso la crisi migratoria rischia di riesplodere con l'avanzata jihadista. Da settembre erano già rientrati dal Libano in fiamme per la guerra fra Hezbollah e Israele oltre mezzo milione di profughi, in gran parte fuggiti nei primi anni della guerra civile. Nel Paese ci sono 16,7 milioni di siriani, che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Una «bomba» umana innescata come ha sottolineato ieri l'ex ambasciatore inglese a damasco, Peter Ford. «L'attacco a sorpresa delle forze islamiste - ha spiegato il diplomatico di lungo corso - potrebbe innescare un altro movimento di massa di civili». Il nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari, conferma: «La presa di Aleppo avrà conseguenze pure in Europa, che pagherà il prezzo più alto dopo i siriani».

Dalla Milano della Siria arrivano al Giornale racconti drammatici: «Adesso siamo sotto le bombe dei caccia russi e di mortaio della controffensiva dell'esercito - spiega un personaggio influente rimasto in città - Ognuno valuta se scappare o restare sotto il fuoco. Si vive di giorno in giorno». Pure la strada della fuga non è sicura: «Tantissimi se ne stanno andando, ma attraverso il deserto ci sono i cecchini, che hanno già ucciso gente che scappava da Aleppo». Secondo la fonte del Giornale «la pressione migratoria si farà sentire sull'Europa nei prossimi mesi. Se la guerra continuerà soprattutto i cristiani rimasti sceglieranno la possibilità di sopravvivere in Europa, piuttosto che il rischio di morire in Siria».

Ieri le bombe russe hanno danneggiato il Collegio francescano Terra Sancta di Aleppo. I frati non mollano, ma il rischio concreto, come spiega la fonte, «è la scomparsa della presenza cristiana in città e nel Paese».

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla fine della visita in Libano del 18 ottobre aveva già lanciato l'allarme sulla «bomba» migratoria. L'obiettivo era lavorare con tutti, compreso il regime di Assad «per creare le condizioni affinché i rifugiati siriani possano fare ritorno in patria in modo volontario, sicuro e sostenibile». L'Italia voleva coinvolgere l'Europa, con la nomina di un inviato speciale, appoggiare l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, Unhcr, e rafforzare la presenza diplomatica a Damasco. L'avanzata a sorpresa jihadista rimescola le carte peggiorando il pericolo di ondate migratorie verso l'Europa. A metà ottobre un trafficante di esseri umani libanese confermava che «la rotta fino all'Italia è già aperta». Dal Nord del Libano il passaggio illegale del confine siriano avviene a piedi «ma poi faccio proseguire la mia gente in piccoli bus o minivan fino a Latakya». Il grosso dei siriani in fuga dal Libano cercava di raggiungere la sacca dei ribelli jihadisti di Idlib, dove vivono 4 milioni di persone in gran parte sfollate. Poi, per arrivare in Turchia devono pagare 3.500 dollari. Il governo di Ankara non vuole più rifugiati, che sono già 4 milioni, e chiuderà un occhio se una nuova ondata di siriani continuerà via mare per sbarcare in Grecia o direttamente in Italia.

«Nelle ultime settimane il numero di persone che si affidano a noi è altissimo - ha spiegato il trafficante - Siamo una rete, che si estende fino all'Europa e ognuno ha il controllo di una tratta».

In Siria è l'Esercito libero siriano, alleato del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham, che ha scatenato l'offensiva degli ultimi giorni, a garantire il traffico verso la Turchia a nord di Aleppo.

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