L'epicentro della jihad globale nel Sahel: così cambia la rete del terrore

Molti i temi affrontati nella relazione presentata questa mattina a Palazzo Chigi da parte dei vertici dei servizi di intelligence del nostro paese: spazio anche alle mafie, alla cybersicurezza ed al coronavirus

L'epicentro della jihad globale nel Sahel: così cambia la rete del terrore

Isis, jihadismo, ma anche la situazione in Libia ed il pericolo derivante dalla criminalità organizzata: sono questi i principali argomenti trattati nella relazione, presentata quest’oggi a Palazzo Chigi, sulla politica dell'informazione per la sicurezza del 2019.

Quanto illustrato nella sede della presidenza del consiglio, alla presenza dello stesso Giuseppe Conte e del direttore del Dis, Gennaro Vecchione, è un’indagine aperta sui vari fronti più caldi riguardanti la sicurezza del nostro paese. A partire ovviamente dal pericolo riguardante il terrorismo internazionale, specialmente di matrice jihadista.

Il pericolo rappresentato dal terrorismo internazionale

È questo il fenomeno che più preoccupa i nostri servizi. Nella relazione è stato specificato, in primo luogo, come la fine dello Stato Islamico e la morte di Abu Bakr Al Baghdadi non hanno coinciso con la fine della minaccia dell’Isis: “Se il collasso territoriale di Daesh – si legge nel testo presentato oggi – con la cattura di migliaia di jihadisti in Siria e Iraq, ha costituito un passaggio fondamentale nella lotta al terrorismo, la portata eversiva della formazione resta elevata e, come già accaduto per al Qaeda, destinata a sopravvivere alla morte del suo leader fondatore”.

Al contrario, l’Isis appare fortemente radicata e non solo nelle aree dove, tra il 2014 ed il 2018, aveva costituito un vero e proprio califfato, ossia Siria ed Iraq. Oggi, secondo la relazione sulla sicurezza, il movimento jihadista appare aver spostato il proprio baricentro in Africa e, in particolare, nelle aree del Sahel: “L’organizzazione – è possibile leggere nel documento sulla sicurezza – ha mantenuto postura e orizzonti dell'attore globale, confermandosi riferimento ideologico per simpatizzanti e sostenitori su scala mondiale”.

Ma soprattutto, e questo è un elemento destinato a preoccupare maggiormente l’Italia, “ha avviato una ridefinizione dei residui assetti organizzativi e di comando – scrivono i responsabili della sicurezza – anche per recuperare capacità di proiezione esterna; si è mostrata particolarmente vitale nelle aree di origine; ha rafforzato la propria presenza in quadranti africani ed asiatici, con una marcata e preoccupante concentrazione nel Sahel, stabilendo relazioni ora di competizione ora di cooperazione tattica con sigle del qaedismo storico”.

Dunque, ad emergere è un contesto in cui, non lontano dall’Italia, l’Isis ha agganciato una preoccupante collaborazione volta a rinforzare il fronte islamista in un territorio, quale quello della regione dell’Africa sub sahariana, dove tra crisi economica e destabilizzazione interna a diversi Stati appare sempre più facile operare. Ed in tal senso, la preoccupazione dei vertici della sicurezza del nostro paese non può non andare alla Libia.

La situazione in Libia

Riguardo a quanto sta accadendo nel paese nordafricano, i servizi italiani parlano di “uno dei più classici esempi di guerra per procura dei nostri giorni”, con riferimento agli appoggi stranieri ricevuti dalle parti in causa, dunque sia dal premier Fayez Al Sarraj che dal generale Khalifa Haftar. Non a caso gli 007 parlano un conflitto composto da "almeno tre diversi piani – si legge ancora nella relazione – quello interno, politico-ideologico, del confronto tra il polo Tripoli-Misurata e le forze di Haftar. Quello, sottotraccia, di milizie, clan e tribù alla ricerca di propri spazi di manovra anche al di là delle rispettive affiliazioni. Quello regionale e internazionale, rivelatosi prevalente, in cui i riflessi dello scontro intra-sunnita”.

“La crisi libica – hanno poi sottolineato gli autori della relazione sulla sicurezza – ha continuato a condizionare la sicurezza dell'intero quadrante maghrebino, dove incidono sulla normalizzazione dell'area pervasivi fenomeni di radicalizzazione e una resiliente minaccia jihadista”. Quest’ultimo elemento, assieme all’afflusso di mercenari dalla Siria richiamati dai turchi e di quelli più vicini alla Russia, viene visto come pericoloso effetto collaterale del perdurante stato di guerra all’interno della Libia. Uno dei motivi per i quali dunque l’Italia dovrebbe impegnarsi al fine di rendere stabile il quadro libico, in cui il nostro paese continua ad avere essenziali interessi nazionali di natura politica ed economica.

Il fenomeno migratorio

Sempre a proposito di Libia, è stato poi sottolineato il preoccupante quadro sotto il profilo migratorio: "Un fattore determinante, di spinta, dei flussi migratori clandestini – si legge nella relazione – resta la gestione criminale delle tratte terrestri e marittime, a disegnare una mappa articolata presidiata da network delinquenziali di varia caratura e consistenza in cui ai profitti sui trasferimenti si associano quelli del vasto indotto criminale che si alimenta negli snodi del traffico, lungo percorsi di viaggio sovente segnati da abusi e sfruttamento, nonché nei Paesi europei di transito e destinazione”. Dunque, il fenomeno migratorio appare ancora regolato in modo esclusivo dalle organizzazioni criminali che lo gestiscono, soprattutto in Libia. Tuttavia, hanno fatto notare i nostri servizi segreti, le preoccupazioni relative all’immigrazione appaiono confinate alla gestione del fenomeno più che al pericolo attinente al terrorismo: “Allo stato attuale – scrivono infatti gli uomini della sicurezza – non sono state rilevate evidenze circa l'utilizzo strutturale dei canali migratori clandestini per l'invio di jihadisti in Europa”.

Criminalità organizzata

Un passaggio della relazione dei servizi, è dedicato anche alle mafie ed alla loro incidenza sui territori in cui sono diffuse: “Si nota – si legge nella relazione – Una certa attitudine dei sodalizi ad adeguare ed affinare i propri strumenti operativi soprattutto per quel che attiene alla movimentazione e al reimpiego di denaro di provenienza delittuosa”.

Gli occhi sono stati puntati nel 2019 soprattutto verso le mafie tradizionali: “Nel panorama delle realtà criminali, cosa nostra, sebbene fortemente indebolita dall'azione di contrasto – si nota in un passaggio del documento – ha continuato ad esprimere un protagonismo affaristico-criminale in un ampio novero di business”. Per quanto riguarda invece la ‘ndrangheta, quest’ultima “si è confermata ancora capace di adattarsi ai mutamenti di scenario, alla diversità dei contesti e alle emergenze organizzative conseguenti all'azione di contrasto, distinguendosi per la tessitura di articolati network relazionali”.

C’è poi stata, nell’anno da poco concluso, un’attenzione rivolta alla criminalità organizzata nigeriana: “L'attenzione dell'intelligence è rimasta elevata per ciò che concerne i sodalizi nigeriani cosiddetti cultisti – scrivono gli 007 – che, seppure duramente colpiti sul piano investigativo e giudiziario, hanno continuato ad evidenziare un sostenuto attivismo specie nel narcotraffico e nello sfruttamento della prostituzione”.

Xenofobia

“Alcuni eventi hanno testimoniato l'emergere di insidiosi rigurgiti neonazisti, favorito da una strisciante, ma pervasiva propaganda virtuale attraverso dedicate piattaforme online, impiegate per veicolare documenti, immagini e video di stampo suprematista, razzista e xenofobo”: è questo il passaggio più importante dedicato ai fenomeni terroristi che hanno riguardato gruppi di ispirazione suprematista all’estero, con riferimento ad esempio all’attentato di Christchurch, in Nuova Zelanda, del 15 marzo 2019. Secondo i servizi segreti, il fenomeno presenta “numeri contenuti”, ma non per questo meno preoccupanti in quanto coinvolge sempre più giovani, considerati come “profili più esposti, come emerge dalla casistica delle azioni, e maggiormente vulnerabili” a questo tipo di retorica.

Coronavirus

Un passaggio della relazione è stato dedicato anche alla crisi scoppiata recentemente per via della diffusione del Covid-19, il quale potrebbe avere importanti ripercussioni a livello economico: “La crescita dell’economia mondiale ha subìto un significativo rallentamento – si legge – facendo registrare, con un incremento di appena il 3%, il dato più basso dal 2009, con possibili, ulteriori flessioni nel 2020, anche a seguito dell’epidemia Coronavirus e di quanto emerso negli ultimi mesi dell’anno, con un insieme di cambiamenti di segno prevalentemente sfavorevole ed un ripiegamento dei principali indicatori congiunturali dell’area Ue, pur a fronte di una politica monetaria accomodante”.

Cybersicurezza

Un capitolo importante ha riguardato anche la cyber sicurezza, aspetto sempre più vitale per la cura degli interessi nazionali sotto diversi ambiti: “Su tale fronte è proseguita l'azione di coordinamento del comparto a livello sia nazionale, con l'avvio di dedicati raccordi interistituzionali volti a mettere a sistema e potenziare le capacità di risposta del nostro Paese – si legge nella relazione – sia internazionale, con l'obiettivo di seguire ed orientare in modo favorevole ai nostri interessi gli sviluppi sulla materia, nei molteplici esercizi dove la stessa è trattata”.

Nel documento redatto dagli 007, ampio risalto in tal senso è stato dato alla scelta del governo di attuare

la cosiddetta “Golden Power” al 5G, “in tale contesto, il governo può opporre il veto all'acquisizione o imporre prescrizioni di sicurezza, la cui attuazione è oggetto di specifico monitoraggio”.

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