La sinistra aveva schierato l'artiglieria pesante per abbattere Matteo Salvini. Tra il 2018 e il 2019, il capo della Lega era all'apice del consenso politico. E quindi bisognava trovare un modo per neutralizzarlo. Repubblica, L'Espresso, Report, Roberto Saviano, Ranucci, politici e militanti: tutti in fila per un anno hanno bombardato Salvini con la falsa accusa di essere al soldo di Putin. Quella narrazione, su cui soprattutto il quotidiano Repubblica ha costruito una durissima campagna mediatica, si è rivelata però una bufala. Per mesi la stampa di sinistra ha cavalcato fake news, occupando pagine di giornali e impegnando il Parlamento. Con un solo obiettivo: distruggere l'immagine dell'allora ministro dell'Interno. Moscopoli, Russiagate, Rubligate: basta rileggere i titoloni in prima pagina sparati da Repubblica per avere idea della guerra mediatica aggressiva innescata dai giornali di sinistra con l'allora titolare del Viminale. Un'azione chirurgica, accompagnata da editoriali e opinioni, spalmati in tv da intellettuali e opinionisti vicini al Pd. La tesi accusatoria era ben costruita: la Lega e il suo leader avrebbero intascato soldi d Putin con l'impegno di aprire un varco nelle democrazie occidentali. L'inchiesta di Repubblica, ripresa poi dai magistrati della Procura di Milano, si è trasformata in un boomerang. I magistrati hanno chiesto l'archiviazione per le sei persone che, accusate di corruzione internazionale, attorno a un tavolino dell'hotel Metropol di Mosca nel 2018 avrebbero trattato un ingente affare petrolifero. Matteo Salvini, il bersaglio numero uno della campagna mediatica, non è mai stato indagato. Eppure in quei giorni nel mirino c'era lui. Soltanto lui. Il 13 luglio del 2019 Repubblica apriva il giornale con un titolo che richiamava il teorema utilizzato dai magistrati di mani pulite: «Moscopoli, Salvini non poteva non sapere». Il 12 luglio, un giorno prima, si consuma l'affondo con l'accusa madre «Moscopoli». Il 23 luglio Repubblica non ha dubbi: «Moscopoli, Salvini sbugiardato». Sentenza definitiva. Inappellabile. L'Espresso non si sottrae e accompagna la batteria di fuoco: «Savoini a Mosca chiedeva soldi per la Lega ai servizi segreti di Putin», la data stavolta è recente: il 15 settembre 2022. Il Pd fiutava l'occasione ghiotta per spingere il piede sull'acceleratore. Luigi Zanda, senatore di vecchia data ed ex tesoriere del partito, lanciava il cuore oltre l'ostacolo in un'intervista il 13 luglio del 2019: «É improprio, che Salvini continui a fare il ministro dell'Interno». I Cinque stelle, che all'epoca dei fatti erano nel governo gialloverde con Salvini, si imbattevano in un ravvedimento tardivo e si univano tiro al piccione, appropriandosi della bufala: «Oggi il M5S si è svegliato con la voglia di saperne di più su questa storiaccia del Metropol, di Gianluca Savoini e dei rapporti con Matteo Salvini» - riportava un post pubblicato sul profilo ufficiale di M5S.
Il partito poneva quattro domande all'ex ministro dell'Interno. La data è importante: il 24 ottobre 2019, dopo il Papeete e il passaggio di Conte tra le braccia del Pd. I grillini chiedevano addirittura una commissione d'inchiesta.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.