Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha rassicurato nuovamente i risparmiatori italiani: non saranno coinvolti da eventuali salvataggi bancari. Anche la cancelliera Angela Merkel, notoriamente poco propensa a interventi che non siano a favore della Germania, si è dichiarata «convinta» che un accordo tra Italia e Commissione Ue sarà raggiunto. Ma intanto le sofferenze bancarie in Italia continuano ad aumentare. A maggio hanno sfiorato i 200 miliardi (199,9 miliardi per la precisione), ha rivelato Bankitalia, e il loro tasso di crescita si è attestato al 3,2% annuo, un po' meno del 3,5% di aprile ma sempre in aumento. Se questo dato viene messo in relazione con il calo della raccolta da obbligazioni bancarie (-14,8% annuo) a rischio bail in, è logico che investitori e partner europei possano non possano non guardare con preoccupazione allo scenario di casa nostra.
«Un problema più grande della Brexit per l'Europa potrebbe essere la salute di alcune banche italiane», ha scritto su Twitter il ministro dell'Economia ceco, Andrej Babis. «Rimane la questione degli aiuti di Stato», ha fatto presente il suo omologo tedesco Wolfgang Schäuble, a proposito della sospensione della direttiva Brrd per motivi precauzionali (ipotesi sollevata dall'Italia in caso di bocciatura di Mps agli stress test del 29 luglio). Ovvio che il ministro Padoan abbia voluto mettere i puntini sulle i. «C'è una percezione del sistema bancario italiano totalmente distorta in termini di numeri e di quello che sarebbe necessario per ricapitalizzare», ha detto ricordando che i circa 200 miliardi di sofferenze lorde, al netto delle svalutazioni, ammontano a 87 miliardi cui corrispondono garanzie per 120 miliardi. Eppure sul banco degli imputati c'è ancora l'Italia e così il titolare del Tesoro ha dovuto impiegare tutta la conferenza stampa al termine dell'Ecofin per spiegare che il tema non è stato centrale e che comunque «eventuali azioni del governo sulle banche saranno dettate dall'obiettivo della massima protezione dei risparmiatori e delle famiglie». Nessuna citazione degli investitori istituzionali («I risparmiatori sono i risparmiatori», ha puntualizzato innervosito dalle domande) cui, invece, il premier Renzi vorrebbe concedere una salvaguardia perché acquirenti dei Btp che, in caso di penalizzazioni, potrebbero diventare meno appetibili.
È un circolo vizioso in cui tutto si tiene, sofferenze bancarie e debito pubblico. La cancelliera Angela Merkel, vero deus ex machina di questa Unione Europea, lo ha compreso benissimo anche se cerca di non far trasparire incrinature rispetto al suo solito comportamento. «Sono in corso intense consultazioni tra il governo italiano e la Commissione europea e sono del tutto convinta che la questione verrà ben regolata», ha dichiarato ieri a Berlino sottolineando di non vedere «svilupparsi una crisi». Nei corridoi della Cancelleria, però, si sa bene che si tratta di «un problema di dimensioni tali che tutta l'Europa ne sarebbe coinvolta».
Ecco perché il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha svestito i panni del rigorista: «Una soluzione sarà trovata ben prima che parta il referendum in Italia». Lo stesso argomento usato da Standard & Poor's: se saltano le banche italiane dopo la Brexit, salta tutta l'Europa.
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