Lite infinita sulla prescrizione. E arriva la «salva magistrati»

Non c'è accordo sul testo Bonafede. Pd e M5s: alzare a 72 anni l'età del pensionamento dei pm. No di Conte

Lite infinita sulla prescrizione. E arriva la «salva magistrati»

I sorrisi della mattina si sono mutati in smorfie prima della notte. È stato dunque con l'approssimarsi del buio, mentre si annunciava e si posticipava di ora in ora il Consiglio dei ministri, che alla Camera è iniziato a circolare un testo fantasma che alcuni deputati, vicino al paralume, hanno subito chiamato norma «Salva Davigo».

Dopo che il governo aveva incassato la fiducia sul Bilancio, passata senza enfasi e sussulti, si rincorre la voce che nel Milleproroghe alcuni esponenti del M5s (con la complicità del Pd che si sarebbe detto a favore) stiano provando a inserire una norma che allungherebbe non solo, ma certo soprattutto, la carriera del magistrato Piercamillo Davigo, tra i più accesi nemici della prescrizione e tra i più noti testimonial della riforma Bonafede. L'idea è quella di fare slittare di due anni l'uscita: 72 anni anziché 70. E Davigo di anni ne ha 69. «Chiaramente il più noto a usufruirne sarebbe lui» ammette una fonte della maggioranza. La scappatoia per giustificarne l'approvazione sarebbe la carenza d'organico che affligge la pubblica amministrazione. In realtà, a beneficiarne sarebbero, in numero maggiore, i magistrati, presidenti di corte e sezioni, insomma un mondo vasto e trasversale che si è mobilitato non appena la notizia è trapelata.

E che l'idea fosse da giorni coltivata lo conferma anche un parlamentare di Italia Viva che rivela: «Si dice che Giuseppe Conte abbia detto no a questa norma. In pratica si è opposto per non rompere ulteriormente con Matteo Renzi». Anche se fosse vero, i pensieri del premier erano ieri tutti rivolti al Cdm dove si è discusso di un altro salvataggio, quello della Regione Siciliana, che aveva già creato malumore proprio in Italia Viva: «È inaccettabile che si permetta di spalmare il disavanzo in dieci anni. Si tratta di uno schiaffo verso i bravi amministratori». È stata questa la posizione dei renziani che però alla fine si sono piegati anche perché preparavano lo scontro su un altro fianco.

Dal Cdm è invece rimasto fuori il dossier su autostrade che Conte aveva già rimandato con la formula «salvo intese» e spostato su un altro tavolo. «Di questo ci occupiamo nel vertice di maggioranza» ha fatto sapere prima ancora di sedersi con i ministri. Conte è convinto che la soluzione sia a sua portata o, almeno, dà l'impressione di averla. Prima di raggiungerlo, anche ministro dell'Ambiente, Sergio Costa ha assicurato: «Conte è un instancabile mediatore, ce la farà. Per quanto riguarda Autostrade». Aggirandosi in Transatlantico, Stefano Buffagni, viceministro dello Sviluppo Economico, lasciava intendere che una soluzione sarebbe quella di consegnare al parlamento la decisione facendolo legiferare. A impensierire davvero il premier è invece il tema della prescrizione e la riforma Bonafede che continua a essere ritenuta anche dai ministri Pd «un guasto epocale». E che la prescrizione sia la vera incognita delle prossime settimane, Conte lo ha capito proprio ieri sera quando Italia Viva ha votato a favore dell'odg di Enrico Costa (Fi) che va in direzione opposta a quella del M5s. Era chiaramente un agguato preparato per lanciare un segnale a Conte che si sente qui disarmato. «Ti aiutiamo noi» gli avrebbe promesso il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando.

Il Pd potrebbe neutralizzare la riforma Bonafede con un ddl a firma di Walter Verini, Franco Mirabelli e Alfredo Bazoli salutato da tutta la maggioranza, e dai ministri, estenuati, come il vero dono di questo Natale.

Tutti erano infatti costretti a rimanere e lottavano con il desiderio irrefrenabile di partire.

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