Oggi riaprono i ristoranti. Alle 21. Ora di cena.
Ma non prenotate. È inutile. Non serviranno nessun pasto, nessuna pizza, nessuna carbonara. Apriranno per un'ora, come in un giorno normale (ricordate com'era?), accenderanno le luci ma non i fornelli e dopo un po' richiuderanno. E la chiave della serranda il giorno dopo la porteranno al sindaco della propria città o al prefetto. Perché quelle chiavi almeno fino al 1° giugno non serviranno.
Lo hanno definito flash mob gli imprenditori del Movimento Imprese Ospitalità che lo hanno organizzato. Finora sono 90mila gli imprenditori del settore Horeca che hanno aderito ma entro stasera si potrebbe raggiungere quota 100mila. L'evento sarà trasmesso in diretta su Facebook e ha anche un nome: «Risorgiamo Italia». Ma se si fosse chiamato «Ristoriamo Italia» non sarebbe cambiato molto. «L'apertura di domani (oggi, ndr) serve soprattutto a mantenere la nostra dignità. Non cerchiamo assistenzialismo. Vogliamo mantenere il nostro livello occupazionale rispettando e tutelando i nostri dipendenti. Vogliamo non dover pagare tutti i contributi oltre allo stipendio. E vogliamo regole chiare su come e quando riapriremo», dice Alfredo Zini, ristoratore milanese (suo il locale Al Tronco) e capofila degli imprenditori del settore Horeca (hotel, ristorazione e catering) di Milano e della Lombardia».
Un mondo, quello dell'Horeca, che ha numeri importanti: nel 2019 le 349.323 aziende hanno fatturato per 87 miliardi e dato lavoro a 1,2 milioni di persone. Ma il 2020 rischia di essere un anno drammatico, con una perdita attuale (con i mesi di marzo e aprile già consolidati) del 48,8 per cento di fatturato e un crollo dell'occupazione previsto addirittura del 35 per cento. Il che vuol dire che 420mila persone potrebbero non avere più il lavoro.
Le richieste del Movimento imprese ospitalità al governo sono riassunte in un manifesto che conta 18 punti: si va dal prestito decennale garantito dallo Stato alla sospensione o riduzione delle imposte, dalla moratoria di leasing e mutui a un contributo a fondo perduto proporzionale alle perdite di
fatturato anche sotto forma di credito d'imposta, dalla decontribuzione del costo del lavoro al prolungamento della cassa integrazione, dalla sospensione della desegnalazione in centrale rischi alla sospensione del Durc.
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