Nebbia fitta sul rapporto col governo. La Lombardia vuole sbarazzarsi il prima possibile della zona rossa che da domenica la penalizza. E così si accende lo scontro sui dati.
Ogni giorno che passa, nuove categorie economiche aggiungono motivi di allarmi e preoccupazione sull'impatto delle ennesime, severe restrizioni. E anche per questo la Regione continua il pressing su due fronti: da una parte si muove sul piano giuridico, dall'altra incalza il ministero affinché congeli l'ordinanza aggiornando dati considerati vecchi.
Il ricorso contro la zona rossa sarà depositato entro stamani al Tar del Lazio, con una richiesta di misura cautelare urgente che dovrebbe essere esaminata rapidamente (il giudizio di merito invece ha tempi lunghi). Ieri il governatore Attilio Fontana ha annunciato che è stato impugnato proprio il decreto ministeriale, nella parte in cui detta i criteri per la classificazione in zone, quindi è tornato a illustrare le contestazioni, già anticipate nella lettera con cui aveva dato un parere negativo - ignorato dal ministero - alla colorazione rossa della Lombardia. «L'Rt (l'indice di contagiosità, ndr) è un parametro che è strutturalmente in ritardo» ha spiegato, ribadendo che sono stati presi in considerazione dei dati di fine dicembre, mentre è stata ignorata invece l'incidenza settimanale, che vede la Lombardia sotto la media nazionale (e sotto molte altre Regioni). E forse è solo una coincidenza che, per tutta risposta, ieri alcuni sindaci abbiano sollevato il tema di un blocco dei dati regionali, un caso che Fontana ha liquidato come «pseudo polemiche». «I dati vengono comunicati in maniera assoluta a tutti» ha replicato, ammettendo un disguido di tipo tecnico.
In ogni caso, Fontana si è detto «assolutamente convinto» del fatto che il governo, applicando i parametri in modo corretto, dovrà concludere «che la Lombardia non si trovi in zona rossa ma si trovi in arancione». L'auspicio è che il ministero stesso si corregga in corsa. La vicepresidente Letizia Moratti aveva già invitato il ministro a farlo, congelando per 48 ore il provvedimento. Ieri le ha risposto, gelida, la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa. «Sorprende - ha detto a Radio In Blu - che la Lombardia contesti oggi un metodo che ha approvato insieme a tutti gli altri». «Potremmo risparmiarci tutti una inutile polemica», ha concluso lapidaria.
Sottovaluta, la sottosegretaria, il livello d'insofferenza che queste misure hanno suscitato un po' in tutte le categorie. Ieri anche la Cna ha chiesto di uscire dal «continuo stop and go» sulle regole, auspicando un'accelerata sui vaccini e mostrando anche di accogliere come «un segnale nella giusta direzione» la nomina ad assessore di Moratti.
Nella politica lombarda, dopo il rimpasto, qualcosa è cambiato. All'interno del Palazzo si respira un clima di collaborazione, come conferma l'esito di un primo incontro fra la stessa Moratti e i capigruppo di maggioranza e di opposizione, dalle cui fila sono arrivate discrete aperture di credito. All'esterno invece il confronto col governo nazionale prosegue sempre più forte e serrato, come dimostra l'offensiva di ieri proprio sui vaccini. Forte del «cambio di passo» e di dati sulla vaccinazioni che da giorni appaiono positivi - è stato il 78,8% delle dosi applicate sul totale di quelle distribuite - Fontana ieri ha denunciato ritardi nell'approvvigionamento da parte del governo («comporterà per la nostra regione 25.740 dosi in meno di vaccino) e ha ricordato a tutti che «mantenere una percentuale di dosi di sicurezza è fondamentale per essere certi di arrivare alla fase dei richiami con le dosi necessarie».
La sua vice intanto ha inviato una lettera al commissario per l'emergenza Domenico Arcuri, per chiedere che le dosi di vaccini distribuite «siano stabilite in base ad a alcuni criteri: densità della popolazione della regione, maggiore mobilità, numero di contagiati nel territorio e Pil.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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