Il «negoziatore» Abramovich Roman ieri mattina era lì, al suo posto, a Istanbul. Cuffia per le traduzioni sulle orecchie, blazer blu su camicia aperta sul collo, come da suo stile, non invitato al tavolo principale delle trattative ma in bilico su una seggiolina poco distante, in una posizione che non fa che confermare il ruolo ambiguo dell'oligarca nel faticoso cammino verso la pace tra Russia e Ucraina.
Chi è Abramovich? È un amico o un nemico di Vladimir Putin? E nei negoziati è cosa, esattamente? Un facilitatore, un burattinaio, un mitomane, una guest star? Domande queste che si sommano ai tanti dubbi sul presunto avvelenamento dell'ex proprietario del Chelsea che sarebbe avvenuto tre settimane fa durante un round dei colloqui tra le delegazioni russa e ucraina in Bielorussia. Lui e due funzionari ucraini avrebbero accusato «occhi rossi, desquamazione della pelle sul viso e sulle mani». Abramovich addirittura, una volta atterrato in Turchia, sarebbe stato cieco per qualche ora. Attentato? Intimidazione? Montatura? E chi aveva eventualmente interesse a uccidere o a terrorizzare il magnate dagli occhi di ghiaccio?
La giornata di ieri non ha contribuito a dipanare la matassa, che anzi è risultata ancora più intricata. La Bbc, che avrebbe sbirciato in un rapporto riservato, ha insistito sul presunto avvelenamento e sulla pista degli estremisti russi incaricati di minare il sentiero della pace. Un anonimo funzionario dell'intelligence americana avrebbe invece derubricato la faccenda a semplice «inquinamento ambientale» e anche dall'Ucraina sono piovute smentite: i menbri della crew ucraina sarebbero stati tutti bene e l'avvelenamento sarebbe stato solo una fandonia inventata ad arte. Da chi e perché non si sa. Il Cremlino naturalmente nega tutto, parlando di qualcosa che ha a che fare con la propaganda di guerra e non con la realtà. Ma che volete che dicano a Mosca?
Se non è chiaro il se, figuriamoci il come. Agenti chimici come sostiene la Bbc? Una sostanza atomizzata nell'aria come garantisce il Wall Street Journal? Oppure una cioccolata al veleno bevuta in una località vicino a Kiev come ipotizza il sito investigativo Bellingcat? Di certo la «abramovizzazione» ha inquinato i colloqui di Istanbul. Al punto che secondo l'emittente britannica Sky News il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, avrebbe consigliato «a chiunque si trovi a negoziare con la Federazione russa di non mangiare o bere e preferibilmente evitare di toccare qualunque superficie». E meno male che a Kiev non credono all'avvelenamento.
Ma il mistero più grosso riguarda lo stesso Abramovich, che dopo aver congelato i suoi affari a Londra e aver rinunciato (per ora?) a gestire la più prestigiosa delle sue attività, il Chelsea campione d'Europa, a causa delle sanzioni europee contro gli oligarchi putiniani si è reinventato vagabondo della trattativa sull'asse Kiev-Mosca-Minsk-Istanbul, instancabile prezzemolino delle trattative per la pace, a ciò incaricato non si sa da chi. Da Putin? Forse, ma i rapporti tra i due sono sempre stati borderline. Lo Zar non sa quanto può fidarsi dell'oligarca e la sua diffidenza in questo caso è aumentata dalle origini ucraine della mamma di Abramovich e dalle esplicite posizioni della figlia di Roma, Sophia, contro la guerra.
Per questo l'oligarca appare più in quota Zelensky, che infatti ha fatto di tutto per inserirlo nelle trattative, giungendo a fare pressioni su Joe Biden perché lo risparmiasse dalle sanzioni americane, al contrario di quanto fatto da Regno Unito e Ue. Ma quando ci ha messo la faccia, recapitando al presidente russo un bigliettino con le richieste ucraine nei negoziati, Putin lo ha gelato dicendogli: «Digli che li spazzerò via».
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