Londra: "Manderemo a Kiev proiettili all'uranio impoverito". Furia di Mosca: "Reagiremo"

Altro che dialogo, trattative e magari anche spiragli di pace. Sulla direttiva Londra-Mosca viaggia lo spettro di una guerra ancora più pesante e complessa, con sviluppi tutti da decifrare

Londra: "Manderemo a Kiev proiettili all'uranio impoverito". Furia di Mosca: "Reagiremo"

Altro che dialogo, trattative e magari anche spiragli di pace. Sulla direttiva Londra-Mosca viaggia lo spettro di una guerra ancora più pesante e complessa, con sviluppi tutti da decifrare. Ad accendere la miccia è il vice ministro della Difesa britannico, baronessa Annabel Goldie, che annuncia: «Il Regno Unito ha in programma di inviare in Ucraina proiettili di carri armati perforanti che contengono uranio impoverito». Goldie ha spiegato che i proiettili saranno dati a Kiev come munizioni per i carri armati Challenger 2. Un'uscita quella del vice ministro che ha suscitato l'inevitabile e durissima, reazione di Mosca.

«L'Occidente ha deciso di combattere la Russia fino all'ultimo ucraino non a parole ma nei fatti. Se l'Occidente collettivo inizierà a usare armi con componenti nucleari, la Russia sarà costretta a reagire», ha detto il presidente Vladimir Putin a margine del vertice con il leader cinese Xi Jinping. Ancora più minacciose le parole del ministro degli Esteri Sergei Lavrov: «Hanno completamente perso il senso dell'orientamento riguardo alle loro azioni e al modo in cui minano la stabilità strategica in tutto il mondo. Se questo avvenisse effettivamente non c'è dubbio che finirà male per loro». Dello stesso tenore, anche più dure, le dichiarazioni del ministro della Difesa Sergei Shoigu. «In questo modo lo scontro nucleare è a pochi passi», ha detto. Al netto di annunci, propaganda e minacce, lo spettro di un'escalation nucleare è quello che aleggia e preoccupa maggiormente dall'inizio del conflitto. Un'ipotesi sbandierata di fatto solo per mostrare i muscoli, almeno finora. E l'entrata nel conflitto di armi anche solo parzialmente riconducibili al nucleare, non può che alzare ulteriormente il livello della tensione. Anche per questo da Londra arriva la precisazione: «Putin diffonde disinformazione. Si tratta di un componente standard inviato per decenni che non ha nulla a che fare con armi o capacità nucleari. E la Russia lo sa».

Anche perché quanto sta accadendo in questi giorni già sarebbe ampiamente sufficiente. Proprio ieri Mosca ha fatto sapere che un suo caccia Su-35 ha intercettato sul Mar Baltico due bombardieri strategici B-52 americani che volavano in direzione del confine russo, prima di tornare indietro. Dopo l'abbattimento del drone Usa nel Mar Nero, un altro segnale di quanto provocazioni reciproche siano all'ordine del giorno nei cieli europei. Nello stesso momento in cui proprio gli Stati Uniti stanno accelerando sulle consegne dei carri armati Abrams all'Ucraina, che potrebbero arrivare entro otto-dieci mesi, e anche per i sistemi missilistici di difesa Patriot, per cui soldati ucraini si stanno addestrando su suolo americano. «Operativi entro poche settimane», dicono fonti a Stelle e Strisce. Mentre il New York Times denuncia: «La Cina ha venduto alla Russia droni e componenti per oltre 12 milioni di dollari dall'inizio dell'invasione». «La Cina non è né creatrice né parte della crisi in Ucraina, né ha fornito armi ad alcuna delle due parti in conflitto», respinge le accuse, come sempre fatto sinora, il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.

Nel frattempo, come se non ci fosse abbastanza carne al fuoco, torna a farsi rovente il fronte Taiwan. La presidente Tsai Ing-wen sarà impegnata in una missione diplomatica in Centroamerica dal 29 marzo al 7 aprile prossimi, con un doppio scalo a Los Angeles e a New York dove ha in programma un incontro con lo speaker della Camera Kevin McCarthy. Al tempo stesso la ministra dell'Istruzione tedesca Bettina Stark-Watzinger ha iniziato la sua visita sull'isola, prima esponente di un esecutivo della Germania ad andare a Taiwan da 26 anni.

Furia cinese per entrambe le missioni: «Una solenne protesta» per il passaggio della presidente Tsai Ing-wen in America, con annessa minaccia a non interferire, e «forte protesta» alla Germania per la visita della ministra tedesca. Da occidente a Oriente, domina la tensione. Anche solo pronunciare la parola «pace» in questo momento sembra un puro esercizio retorico. E di vana speranza.

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