Non si è ancora allo scontro diplomatico che ha caratterizzato i rapporti tra Londra e Bruxelles durante le negoziazioni post Brexit, ma le relazioni tra i due blocchi stanno diventando nuovamente incandescenti. Dopo la pubblicazione lunedì scorso della bozza di legge inglese che mira a superare unilateralmente il Protocollo sull'Irlanda del Nord, la risposta dell'Unione Europea non si è fatta attendere: due nuovi procedimenti di infrazione sono stati avviati contro Londra, cui è contestato di non condurre i previsti controlli sanitari e fitosanitari in Ulster e di non inviare a Bruxelles i dati sui flussi commerciali richiesti dagli accordi. A questi si aggiunge la riapertura del procedimento avviato a marzo 2021 per non aver implementato il sistema di certificazione del commercio di beni agroalimentari, iniziativa poi sospesa per favorire le trattative bilaterali per la revisione del Protocollo. Che però sono naufragate in un nulla di fatto. Londra ha ora due mesi di tempo per rispondere, dopo di che Bruxelles potrebbe rivolgersi alla Corte di Giustizia dell'Ue.
«Non c'è alcuna giustificazione legale né politica di alcun genere per cambiare un accordo internazionale», ha commentato Maro efovi, vice presidente della Commissione con delega alle trattative per la rinegoziazione del Protocollo. «Aprire le porte a un cambiamento unilaterale di un accordo internazionale è esso stesso una violazione della legge internazionale. Tutto ciò è illegale». La reazione di Bruxelles, forte e immediata, non giunge inaspettata. Non solo la forma - un accordo internazionale bilaterale, concluso a dicembre 2020, verrebbe unilateralmente scavalcato - ma anche la sostanza è inaccettabile per l'Ue. Una delle disposizioni previste dalla bozza di legge inglese dà infatti potere ai funzionari ministeriali di disapplicare, secondo necessità, parti del Protocollo, fra cui anche i controlli delle merci in transito. Una minaccia all'integrità del mercato unico.
Ma quanta retorica c'è nelle mosse di Londra? Da un lato, Johnson si trova a gestire l'impasse politica nord-irlandese, con il Dup unionista che non vuole formare un governo con i repubblicani dello Sinn Fein fintantoché è in vigore il Protocollo sull'Irlanda del Nord, cui viene attribuita la colpa di aver creato un confine interno al Regno Unito. Londra, dopo la pubblicazione della bozza di legge, ha chiesto al Dup di scendere dall'Aventino, finora senza risultati. Gli unionisti infatti temono che la legge non vedrà mai la luce, essendo l'iter parlamentare della bozza tutt'altro che scontato e il governo Johnson niente affatto certo di avere i numeri per vincere ai Comuni e ai Lord. Dall'altro lato, il governo viaggia ai minimi elettorali, con il recente voto di fiducia che ha palesato come oltre il 40% dei parlamentari conservatori remi contro. La questione Brexit, poiché divisiva e polarizzante, viene considerata da alcuni consiglieri politici del primo ministro un catalizzatore di consensi.
La stessa chiave di lettura che si può applicare all'accordo con il Rwanda per l'invio in Africa dei richiedenti asilo che arrivano sulle coste inglesi attraversando la Manica: Carlo e i vescovi anglicani compatti nel condannare la pratica, parte della maggioranza che chiede di abbandonare la Corte Europea dei Diritti Umani per aver bloccato all'ultimo un volo pronto al decollo con a bordo una manciata di persone. Non importa la legittimità né l'efficacia della decisione politica, basta che ricompatti la base e distolga il vociare dal party gate.
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