«È ora di riprenderci ciò che è nostro». Alle 5.30 di mattina, con queste parole, il comandante in capo delle forze armate ucraine Zaluzhny ha dato il via alla controffensiva. Il generale ha voluto registrare un video per mettere a tacere la propaganda russa che lo dava per morto a inizio maggio. Pochi minuti dopo l'annuncio, l'esercito di Kiev, ripreso in un filmato in preghiera, ha lanciato un attacco nel distretto di Berdyansk (martellato anche in serata) occupato dalle forze russe. Le deflagrazioni più forti sono state avvertite nel centro della città, nella zona del porto, a Khimik e Vesna e nel villaggio di Novopetrovka, tutte località che ospitano un gran numero di truppe del Cremlino e numerosi depositi d'armi. Per il vicepresidente del Consiglio distrettuale di Berdyansk, Viktor Dudukalov, l'attacco missilistico avrebbe provocato gravi perdite tra le truppe nemiche: «Il bilancio è di 479 morti». L'attacco è stato confermato dal segretario del Consiglio nazionale di sicurezza Danilov. Lapidario il suo commento: «È un'opportunità storica. Li uccidereremo e li cacceremo dalla nostra terra». Zelensky risoluto: «Per trasmettere la pace come eredità, dobbiamo arrivare al giorno in cui potremo dire di aver posto fine a questa guerra con la nostra vittoria».
Nel corso della giornata le città di Shebekino e Grafovka, nella regione russa di Belgorod, sono state più volte bersagliate dell'artiglieria (2 morti tra i civili). Droni ucraini hanno distrutto un oleodotto a Druzhba, e un edificio del ministero dell'Interno a Belgorod. Tre esplosioni hanno danneggiato sistemi di difesa aerea russi a Mariupol. I russi hanno intercettato due missili cruise a lungo raggio Storm Shadow diretti verso Voronezh, bombardato il distretto di Kupyansk (1 morto), e 16 villaggi a Zaporizhzhia. Il generale russo Konashenkov ha annunciato la distruzione di 260 unità nel Donetsk.
Secondo l'intelligence di Kiev, Mosca accuserà il colpo della controffensiva e potrebbe preparare una provocazione alla centrale nucleare di Zaporizhzhia con una simulazione di incidente «per interrompere le ostilità, rifiatare e avere tempo per riorganizzarsi», si legge nel documento del servizio di sicurezza. Per il Cremlino sono solo «favole». «L'Occidente è sempre più coinvolto nel conflitto, ma questo non cambia la situazione. L'operazione speciale continuerà», dice il portavoce Peskov. E intanto Mosca apre un fronte diplomatico con Berlino, con l'espulsione di centinaia di tedeschi, invitati a lasciare la Russia «entro il 1° giugno». L'obiettivo è ridurre il personale tedesco a 350 persone massimo. Decisione che Berlino ha definito «incomprensibile» e «ingiustificabile».
L'assalto ucraino ha generato una scossa tra le diplomazie, mai come in questo momento pronte a intervenire per tentare di mettere russi e ucraini attorno a un tavolo. L'impresa è difficile, ma il lavoro sotto traccia dei funzionari internazionali è incessante. «Non c'è forza che possa costringerci a parlare con i russi finché le loro truppe saranno sul nostro territorio», scrive su Telegram il capo dell'ufficio presidenziale Yermak. Un alto funzionario europeo spiega che nell'incontro con l'inviato speciale del governo cinese per gli Affari eurasiatici, Li Hui, «in nessun momento» Li ha detto che alla Russia andrebbe lasciato il possesso dei territori occupati dell'Ucraina. «Pechino rafforzerà il dialogo con tutte le parti, inclusa la Russia, e compirà sforzi reali per una soluzione politica», ha sottolineato l'inviato cinese.
La Nato potrebbe offrire a Kiev un piano di assistenza militare in attesa dell'ingresso nell'Alleanza Atlantica. «L'Ucraina deve rinunciare all'adesione alla Nato e all'Ue e tornare allo status di Paese neutrale e non allineato: è una delle condizioni per il successo del processo di pace», fa sapere il vice ministro degli Esteri russo Galuzin.
In un eventuale trattativa, il Cremlino sembra propenso ad ascoltare proposte del Vaticano. Monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, e il Segretario di Stato Parolin, considerano la missione voluta dal Papa, e affidata al cardinal Matteo Zuppi «un primo passo verso una pace giusta e duratura».
Su Twitter, il consigliere di Zelensky, Podolyak, scrive che «Putin e la sua cricca, accusati di crimini di guerra, non sono più i legittimi rappresentanti della Russia. Nessuno deve parlare con loro». E il direttore degli 007 Chernyak avvisa: «Se i partigiani attaccheranno anche in Bielorussia, come a Belgorod, sarà la fine di Lukashenko».
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