L'Ue isola Orban sull'omofobia. Budapest reagisce "Basta coi ricatti"

Critiche per la legge sull'educazione dei minori. L'Olanda chiede la cacciata dall'Unione. Sassoli: togliamo i fondi a chi vìola i diritti. Ma Salvini lo difende: "In materia ogni Stato è sovrano"

L'Ue isola Orban sull'omofobia. Budapest reagisce "Basta coi ricatti"

Tutti (o quasi) contro Viktor Orban. Il leader ungherese è di nuovo nel mirino dei governi europei per la legge appena adottata nel suo Paese, che vieta ai minori l'accesso a informazioni su omosessualità e transgender. Al vertice Ue di ieri a Bruxelles, molti capi di governo hanno commentato negativamente le misure del Parlamento di Budapest, manifestando tutta la loro contrarietà fino al punto di chiedere, come ha fatto il premier olandese Mark Rutte, di cacciare l'Ungheria dall'Unione europea. Cosa prevede questa famigerata norma? Di fatto proibisce la diffusione attraverso libri, film e altri strumenti di informazione, accessibili ai minori, di orientamenti sessuali diversi dall'eterosessualità, vietando inoltre pubblicità commerciali che equiparino l'omosessualità all'eterosessualità. Per molti leader europei si tratta di un attentato ai diritti fondamentali. Orban, dal canto suo, ha spiegato che le leggi approvate «non riguardano l'omosessualità» ma «la difesa dei diritti dei bambini e dei genitori».

Parole che non hanno minimamente convinto il premier olandese, secondo il quale «non c'è più posto nell'Ue per l'Ungheria». «Ma non sono l'unico a deciderlo, ce ne sono altri 26», ha detto riferendosi agli altri leader a Bruxelles per il summit. Rutte ha invitato Orban ad abrogare la legge, altrimenti «dovrà andarsene dall'Ue». Il premier belga Alexander De Croo, invece, non ha lanciato accuse ma si è presentato a Bruxelles con un eloquente spilla arcobaleno al petto. Secca la replica di Budapest per bocca della ministra della Giustizia Judit Varga: «La dichiarazione odierna di Mark Rutte non è che un altro episodio della serie di ricatti politici. L'Ungheria non vuole lasciare l'Ue. Al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti».

Dopo la lettera in difesa dei diritti Lgbtiq, firmata da 17 leader europei, tra i quali Draghi, Merkel e Macron, la Commissione Ue ha preteso chiarimenti da Budapest entro il 30 giugno, lanciando un vero e proprio ultimatum e minacciando una procedura d'infrazione. Procedura già annunciata poco prima dal presidente dell'Europarlamento David Sassoli. «L'anno scorso abbiamo avviato un processo che ha impegnato le istituzioni europee per il regolamento sulle condizionalità dello stato di diritto. Crediamo che sia il momento per applicare la legge - ha detto Sassoli -. Ieri ho scritto alla presidente von der Leyen per invitarla ad assumere iniziative riguardo ai Paesi che sono sottoposti a violazione dell'articolo 7. Le sanzioni sarebbero anche quelle di staccare le risorse per quanto riguarda i fondi europei». Anche il segretario generale dell'Onu, Antonio Gutierres, ha criticato l'Ungheria. «Le discriminazioni non sono accettate in nessuna circostanza - ha dichiarato - e qualsiasi discriminazione contro Lgbtiq è totalmente inaccettabile nella nostra società moderna».

Orban, subissato di critiche, ha spiegato che sotto il comunismo l'omosessualità era punita per legge, ma «io sono un combattente per la libertà, ho difeso i diritti degli omosessuali». E, provocatoriamente, ha concluso dicendo che «la legge è fatta e funziona». A difendere il leader ungherese ci ha pensato Salvini.

«Io me la sono letta la legge e ritengo che ogni Stato debba essere libero di decidere sui programmi scolastici e universitari e sull'organizzazione della giustizia. Non capisco le intromissioni», ha detto il leader della Lega.

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