L'ultima carta di Assange. "Negli Usa rischia la vita"

Oggi all'Alta corte di Londra la sentenza sull'estradizione del co-fondatore di Wikileaks. Lui non va in aula: "Sta male"

L'ultima carta di Assange. "Negli Usa rischia la vita"
00:00 00:00

Julian Assange si gioca l'ultima carta per evitare l'estradizione negli Stati Uniti, dove dovrebbe affrontare le accuse di spionaggio. All'Alta corte di Londra sono iniziate ieri due udienze cruciali, che proseguono oggi, per decidere la sorte dell'appello finale della difesa del co-fondatore di WikiLeaks. Se il ricorso non venisse accolto risulterebbero esaurite le possibilità di azione legale presso la giustizia britannica e rimarrebbe solo un'eventuale opzione presso la corte europea dei diritti dell'uomo.

I suoi sostenitori si sono dati appuntamento fuori dal tribunale guidati dalla moglie di Assange, Stella, la quale li ha incitati a protestare fino a che il marito non sarà liberato. «Julian è un prigioniero politico e la sua vita è a rischio, ciò che è successo a Navalny potrebbe succedere a lui» in America, ha avvertito. L'attivista australiano, invece, non si è presentato in aula: «Non si sente bene», ha spiegato l'avvocato Edward Fitzgerald all'inizio dell'udienza. Non è la prima volta che Assange - detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh - non partecipa ad una udienza e preferisce l'opzione del videocollegamento dalla cella a causa delle sue precarie condizioni di salute. «Julian ha bisogno della sua libertà, e noi tutti abbiamo bisogno della verità», ha continuato intanto Stella, tornando a denunciare la caccia americana contro il 52enne come una vendetta per la divulgazione, a partire dal 2010, di centinaia di migliaia di documenti riservati del Pentagono o del dipartimento di Stato contenenti anche rivelazioni imbarazzanti su crimini di guerra attribuiti alle forze di Washington in Iraq e Afghanistan. «L'attacco a lui è un attacco ai giornalisti di tutto il mondo, un attacco alla verità e un attacco al diritto dell'opinione pubblica di conoscerla», ha aggiunto la donna incitata da alcune centinaia di manifestanti che chiedevano la liberazione di Assange. Per il marito - ha ribadito - essere consegnato o meno agli Stati Uniti è questione di vita o di morte, ma la decisione finale sarà «politica, non giudiziaria» e il governo del Regno Unito non avrebbe esitato a negare alla Russia di Putin una qualunque persona accusata d'aver pubblicato documenti segreti. I pubblici ministeri statunitensi hanno incriminato Assange con 17 capi di imputazione per spionaggio e uno per uso improprio del computer e affermano che ha aiutato il soldato americano Chelsea Manning a rubare dispacci diplomatici e file militari che WikiLeaks ha successivamente pubblicato, mettendo a rischio vite umane. Manning è stato condannato a 35 anni di prigione, ma liberato dopo sette grazie al perdono dell'allora presidente Obama, mentre Assange se ritenuto colpevole rischia una pena fino a 175 anni in una prigione Usa.

Nel 2012 il giornalista australiano ha ottenuto asilo politico dall'Ecuador ed è rimasto nella loro ambasciata a Londra sino al 2019, quindi è stato arrestato in aprile di quell'anno dalle autorità britanniche quando il paese ha ritirato la sua protezione.

Un giudice inglese ha già rifiutato una richiesta di estradizione degli Stati Uniti a gennaio e la settimana scorsa il premier australiano e alcuni membri del parlamento hanno approvato una risoluzione che chiedeva il ritorno di Assange nella sua terra natale, affermando che un'estradizione negli Usa assesterebbe un duro colpo alla libertà di stampa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica