Il Movimento 5 Stelle è all'angolo, impantanato e senza ancora aver preso una decisione definitiva. Il voto di domani al Senato sulla fiducia al decreto Aiuti si avvicina sempre di più, ma i grillini non hanno scelto la linea da adottare in Aula: piegarsi e dare il via libera oppure uscire e andare incontro a conseguenze imprevedibili? Il caos è totale e così Giuseppe Conte vede nel premier Mario Draghi l'ultimo appiglio per evitare il pugno duro e lo scontro frontale.
La telefonata Conte-Draghi
Fonti pentastellate fanno sapere che il leader 5S e il presidente del Consiglio hanno avuto un colloquio telefonico. Il confronto sarebbe stato sulle richieste avanzate giorni fa tramite il documento presentato sul tavolo di Palazzo Chigi: si cerca uno spiraglio per evitare che il mancato voto di fiducia al dl Aiuti possa portare a una crisi di governo.
Conte avrebbe "sondato" il premier per tentare l'ultima mediazione: al momento non avrebbe ancora aggiornato i suoi sui contenuti della telefonata, visto che dovrebbe farlo in serata. La convinzione diffusa è che abbia chiesto "un segnale chiaro". L'avvocato non avrebbe l'intenzione di far cadere il governo, ma di restare in attesa delle risposte alla lista dei temi chiave.
Un'altra scissione?
Nel Consiglio nazionale riunitosi questa mattina non è stata ufficializzata una decisione: rimangono visioni differenti, con il timore di destabilizzare la maggioranza. Il Consiglio nazionale del Movimento tornerà a riunirsi alle 19:30 e più tardi, in serata, dovrebbe tenersi l'assemblea congiunta di deputati e senatori. Quella potrebbe essere l'occasione chiave per assumere una posizione definitiva in vista del voto di domani. Allo stato attuale l'opzione più gettonata è quella della non partecipazione al voto in Aula.
I 5 Stelle però rischiano una nuova scissione dopo quella innescata dall'addio di Luigi Di Maio. Infatti, come riferisce l'Adnkronos, lo spiraglio di votare a favore della fiducia ha mandato in subbuglio più di qualche eletto. "E i senatori chi li tiene?", è la domanda che rimbalza. Non a caso forti timori riguardano la tenuta del gruppo 5S al Senato qualora da Conte dovesse arrivare l'indicazione di un parere favorevole al dl Aiuti.
A Palazzo Madama non mancano i "ribelli", coloro che sono tentati dallo strappo: circa 40 senatori sarebbero contrari a votare la fiducia, di questi circa 10 sarebbero addirittura pronti a votare contro. Una spallata che potrebbe provocare un'altra fuga dal Movimento. In caso di compromesso con Draghi, come farà Conte a convincere i "barricadero" a votare a favore? "Una inversione a U io non l'accetto", è l'avvertimento di chi non intende fare una piroetta.
Nel frattempo il deputato Francesco Berti ha lasciato il Movimento 5 Stelle per aderire a Insieme per il futuro, la nuova anima di Luigi Di Maio: lunedì aveva votato il dl Aiuti in Aula alla Camera in contrapposizione con l'indicazione del gruppo, mentre il resto dei suoi compagni non aveva partecipato alla votazione.
Le mosse di Salvini e Letta
A mandare in tilt i vertici del M5S è stata la mossa di Matteo Salvini, che nei fatti ha escluso un Draghi bis e ha indicato la strada delle elezioni anticipate in caso di crisi: "Se una forza di maggioranza non vota un decreto della maggioranza, fine, si va a votare. Noi non siamo disposti a restare in un esecutivo senza il M5S". I grillini pensavano di non votare la fiducia ma di restare comunque al governo. Invece ora si trovano con le spalle al muro.
Anche da Enrico Letta sono arrivate parole tanto chiare quanto dure.
Il segretario del Partito democratico ha sbarrato la strada a un nuovo governo e non ha assolutamente escluso il ritorno alle urne: "Se una forza politica importante come M5S esce dal governo, non è per ricatto o per ripicca che diciamo che cade tutto e si va al voto. È la logica delle cose".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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