Caterina urla il nome della figlia, la cerca ovunque, è disperata. Quando non pronuncia il nome di Kata (Kataleya Mia Alvarez) dice in lacrime «vi prego aiutatemi». La cerca da sabato, da quando, alle 15.15, è tornata dal lavoro e ha scoperto che della figlia di 5 anni, si erano perse le tracce. Berretto con la visiera calato in testa, i capelli lunghi, il viso stravolto di chi, dopo 24 ore (ieri, ndr) che cerca la figlia, vuole di cacciare i pensieri più brutti. Caterina è arrivata all'hotel occupato a settembre come tutti gli altri. Ha 26 anni, un marito in carcere, una figlia piccola alla quale non fa mancare nulla nella speranza di darle una vita normale: e infatti la piccola va all'asilo, alla Lavagnini, ha amici, ha giocattoli e peluche. Quando arriva in Italia Kata ha solo otto mesi ma Caterina ha imparato ad andare avanti, anche da sola quando il marito finisce in galera. Ha imparato ad affrontare tutto ma questo, una figlia inghiottita nel nulla, è troppo. Ieri, a fine mattinata ha avuto un malore, è stata portata all'ospedale Careggi e dimessa nel tardo pomeriggio. Prima aveva preso parte alle ricerche dopo avere dato l'allarme e avere ricostruito i minuti in cui si è accorta che Kata, affidata durante la sua assenza a degli adulti perché le persone dell'occupazione sono diventate come un piccolo paese, non era più nel cortile dove era stata vista giocare con altri bimbi. Cercando di mettere insieme particolari che ora potrebbero sembrare significativi Caterina aveva ricordato di un litigio con altri occupanti alcuni giorni fa. «C'è stata una lite con una famiglia al terzo piano perché facevano troppo rumore», ha detto ricordando anche un'aggressione avvenuta nello stesso stabile per la quale alcuni occupanti hanno incolpato il fratello «ma lui non c'entrava niente», ha precisato. Forse Caterina ora pensa a una vendetta.
«È impossibile che lei si perda da sola, qualcuno l'ha presa e l'ha portata via. Io ho detto ai carabinieri chi può essere, queste persone». Poi un messaggio diretto: «Riportino la bambina, non se la devono prendere con lei. Questi problemi sono dei grandi, non dei bambini».
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