"Mai avuto dubbi su Erba. Rosa e Olindo? Inspiegabili"

Il carabiniere che arrestò la coppia: "Non scorderò più la strage, sento ancora l'odore del sangue"

"Mai avuto dubbi su Erba. Rosa e Olindo? Inspiegabili"
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«Ma non sarebbe ora di non parlare più della strage di Erba?»

Da domani, luogotenente Gallorini, da domani. Oggi è il tempo dei bilanci.

«Cosa vorrebbe sapere?»

Lei è quello che ha risolto il caso, che ha arrestato Olindo e Rosa. Ma ancora oggi, a diciotto anni di distanza, nonostante quattro sentenze - l'ultima l'altro ieri, con il rigetto della richiesta di revisione - c'è chi non crede alla colpevolezza dei due coniugi. Come se lo spiega?

«Bisognerebbe chiederlo ai giornalisti. Io da carabiniere non me lo spiego. Gli elementi raccolti erano così tanti, di tale qualità, che io non ho mai avuto dubbi».

Luciano Gallorini è in congedo da cinque anni, ma la storia di Erba lo insegue. Fu lui, che comandava la caserma di Erba, a intervenire sul luogo della strage, lui a raccogliere la testimonianza del sopravvissuto Frigerio, lui a arrestare i due vicini di casa. Ora sappiamo che aveva ragione lui.

Eppure da allora siete accusati di avere scelto la strada più comoda, di non avere voluto frugare altrove.

«Noi abbiamo fatto tutto ciò che era doveroso fare, a partire da quella sera. Abbiamo eseguito tutte le operazioni necessarie davanti alla gravità del fatto e a quanto avevamo visto e trovato nei sopralluoghi sulla scena della strage. Per prima cosa abbiamo pensato a Azouz Marzouk, il marito di Raffaella Castagna, siamo andati a casa sua e dei suoi parenti, abbiamo perquisito , sequestrato coltelli».

E poi?

«Successivamente controllando i fascicoli, i nostri carteggi all'interno del comando, è saltato fuori che da cinque anni era in corso questa serie di liti tra queste due famiglie, tra le vittime e i vicini, e ovviamente ci siamo domandati se poteva esserci una attinenza. Emergeva che qualche giorno prima avevamo notificato un provvedimento di citazione scarico dei due signori Romano per un processo che doveva tenersi il giorno 13 di quel mese, in cui loro erano imputati in seguito a queste liti. D'accordo con la Procura abbiamo deciso di andare a vederli. L'ordine era di fare in fretta».

Come li avete trovati ?

«Erano ben svegli, e ci hanno mostrato senza che lo chiedessimo lo scontrino del McDonald's di Como, il loro falso alibi. C'era la lavatrice che andava, la fermammo, tirammo fuori i vestiti».

Cosa le rimase impresso?

«Il taglio sul dito di Rosa, incerottato. Un vistoso livido di Olindo».

Un po' poco per incastrarli.

«Abbastanza per andare avanti a scavare. Li invitammo a presentarsi in caserma, intanto riferimmo gli sviluppi alla autorità giudiziaria. Chiedemmo di intercettarli, ma intanto intercettavamo anche i Castagna. Insomma in quel momento i due coniugi erano sicuramente un soggetto di interesse ma per quanto ci riguardava la storia poteva anche terminare li. Non c'è mai stato un momento in cui ci siamo detti che dovevamo incastrarli a tutti i costi».

Quando disse a se stesso «sono stati loro»?

«Quando dopo avere parlato con la Procura ottenemmo l'autorizzazione al colloquio investigativo di cui poi tanto si è parlato. Io e i miei comandanti andammo a parlare con l'unico che sapeva sicuramente la verità: Mario Frigerio, il sopravvissuto. Fu lui a dirci: è stato Olindo».

Per le difese lo avevate imbeccato, lui all'inizio dell'interrogatorio non accusava nessuno, voi andaste avanti fin quando non disse quello che volevate.

«Fu un lungo interrogatorio, questo è vero. Alla fine la dichiarazione fu spontanea e precisa».

Che spiegazione si è dato in questi anni? Come può essere accaduto che un movente così banale, una lite tra vicini di casa, portasse a un delitto tanto feroce?

«È difficile entrare nella testa delle persone. È chiaro che loro si sentivano oppressi dalla situazione, non si sentivano più liberi a casa loro. Ma come tutto questo possa essere sfociato in una decisione così terribile è davvero privo di spiegazioni. Ovvero: se due come i Romano, due persone tranquille che vivono in una casa normale, commettono un crimine simile, l'unica spiegazione è che a quel punto la mente umana non abbia funzionato a dovere».

Per quanti anni ha fatto il carabiniere?

«Quarantotto».

La strage di Erba è la storia più terribile che ha vissuto?

«Ho dovuto

occuparmi di altri delitti impressionanti, penso all'assassinio della povera Marina Fontanella nel 96, sempre a Erba. Ma questa strage me la ricorderò finché campo. Entrammo, e c'era l'odore del fuoco, della carne e del sangue».

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