La Marina Mercantile è una priorità strategica per il Paese

La Marina Mercantile è una priorità strategica per il Paese

In una recente intervista sulla Stampa prima dell'estate, Cesare d'Amico, a capo di una tra le più importanti flotte italiane di navi da trasporto, dichiarava: «quello che manca in Italia è un Ministero della Marina Mercantile». Quando, nel 1946, De Gasperi lo istituì, aveva ben presente l'enorme importanza del trasporto marittimo per supportare la ricrescita del paese dopo la II Guerra Mondiale. Via via il ministero della Marina Mercantile ha perso la sua valenza scivolando nella «wish-list» politica all'ultimo posto fino a essere accorpato con altri (1993) e successivamente annacquarsi in un Dipartimento spesso frammentato.

Oggi globalizzazione e pandemia hanno fatto letteralmente impazzire la logistica su navi. Grazie a internet possiamo ordinare merci prodotte in ogni parte del globo a prezzi abbordabili: non è un caso che Amazon abbia per la prima volta superato in valore delle merci vendute nello stesso periodo (luglio 2020-giugno 2021) la più grande catena al mondo di supermercati, l'americana Walmart, superando i 600 miliardi di dollari (ma nell'anno fiscale che si è concluso a maggio, Alibaba ha registrato un volume lordo di merci vendute di circa 1.200 miliardi di dollari). Merci che viaggiano sulle navi. Entrando nel dettaglio della tipologia di merci trasportate dalle navi a livello globale, il 29,4% riguarda gas, greggio e derivati del petrolio (nel 1995 tale quota era del 44%), il 53,5% è costituito da «rinfuse solide» (carbone, minerali e granaglie) e il rimanente 17,1% riguarda il trasporto su navi container (quota più che raddoppiata rispetto al 1995). Un segmento che in termini di valore pesa molto di più del 17% perché vale il 60% del commercio marittimo globale, che nel 2017 è stato pari a 12 trilioni di dollari.

Oltre alle navi sono fondamentali i porti e le rispettive infrastrutture: leader mondiale nella movimentazione di merci è il porto di Ningbo-Zhousan in Cina, con un volume di oltre 1 miliardo di tonnellate. Nella classifica dei top 10 mondiali solo due porti non sono asiatici: Port Hedland in Australia e Rotterdam che lavora, per capirci, meno della metà dei volumi lavorati da Ningbo.

Lo shipping mercantile e i terminal portuali sono un tassello fondamentale del grado di competitività del paese, in grado di rallentarne o accelerarne lo sviluppo e la ripresa economica. Non solo. Investimenti nel 5G e nella digitalizzazione dei processi (dall'intelligenza artificiale alla cyber-security), nelle infrastrutture portuali e nelle nuove tecnologie green a supporto delle navi (dai motori al riciclo della spazzatura) porterebbero indubbi vantaggi all'economia interna di ogni paese, muovendo catene di fornitura allargate e tecnologicamente all'avanguardia.

La complessità e la crescente rilevanza di questa industria meritano sicuramente una rinnovata attenzione da parte delle autorità politiche. Ancor di più, considerato il processo in corso di regionalizzazione della globalizzazione e del commercio mondiale in cui il Mediterraneo si trova ad essere il punto critico di congiunzione tra quattro aree (Asia, Africa, UE e Nafta) in grande competizione tra loro.

Globalizzazione, digitalizzazione, e-commerce e pandemia hanno creato la tempesta perfetta e nessun momento pare più adatto di questo: non possiamo permetterci di perdere questa occasione.

Danilo Broggi è Presidente del Centro per la Cultura d'Impresa

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