Mario Draghi ha parlato al termine del Consiglio dei ministri e tra gli argomenti toccati dal presidente del Consiglio ci sono anche i vaccini. L'intervento di Mario Draghi è arrivato il giorno successivo all'intervento dell'Ema sul vaccino AstraZeneca, per il quale è stata confermata la sicurezza. Ma il discorso del premier è stato incentrato soprattutto sulla campagna vaccinale e sulle prospettive future per il Paese in relazione al raggiungimento del livello di immunità necessario per riaprire il Paese in maniera decisa.
"Non ho ancora fatto la prenotazione, la mia fascia d'età prevede la vaccinazione con Astrazeneca quindi si, lo farò, lo ha fatto anche mio figlio l'altro giorno in Inghilterra", ha detto Mario Draghi, accodandosi agli altri leader europei che hanno già dichiarato di vaccinarsi con il preparato di Oxford. Per il presidente del Consiglio lo stop delle somministrazioni di AstraZeneca non è stato un errore, anzi: "Molti scienziati avevano pareri diversi, ma la decisione non è stata presa per imitazioni o per interessi tedeschi. No, non c'è niente del genere, c'è solo la responsabilità di un governo che si chiede se si può andare avanti con la vaccinazione". Mario Draghi, quindi, difende la decisione di Aifa e l'andamento della campagna vaccinale, che nel nostro Paese non ha per ora subito un calo importante: "Cè stato un calo delle vaccinazioni, ma solo per un giorno: sono scese da 150 mila a 100 mila, poi compensate dall'utilizzo di altri vaccini. C'è stato un rallentamento ma non è stato disastroso".
Per Mario Draghi ora l'Italia inizierà davvero la sua corsa nella somministrazione delle vaccinazioni, che toccherà il suo primo picco già ad aprile: "Arriveremo a 500mila dosi ad aprile e l'obiettivo è aumentarla e portarla a cifre più alte in maggio e giugno. Poi speriamo di non avere imprevisti sulle forniture di vaccini ma tutto il governo e l'Italia è in grande fermento e attività". Ed è proprio sulle forniture e sugli intoppi registrati nelle scorse settimane che Mario Draghi ha fatto la voce grossa con l'Unione europea, anche il relazione al vaccino Sputnik: "Telefono spesso a Ursula von der Leyen? No però qualche volta sì. In questo periodo sì, penso che il coordinamento europeo sia da cercare. Si fa così, se poi non c'è si procede in altro modo. Serve pragmatismo, prima si cerca il coordinamento europeo e poi si fa altrimenti. Così sta facendo Merkel per quanto riguarda Sputnik, e così faccio io".
Proprio in nome del pragmatismo e della praticità, Mario Draghi non ama recriminare e lo dimostra sulla questione dei contratti: "La campagna vaccinale europea ha avuto sicuramente problemi che risalgono ai modi in cui i contratti sono stati fatti, alle scelte delle ditte, ma col senno di poi si trovano tanti errori". Ci sono errori anche in Italia, come sottolinea il premier. Per esempio sull'andamento in ordine sparso delle Regioni nel piano vaccinale: "Bisogna darsi regole comuni. Se ci sono problemi di capacità lo Stato c'è ed è per aiutare".
È un problema importante e lo dimostrano i numeri spiegati da Draghi: "Andiamo forte a livello nazionale ma le regioni sono difformi sia nei criteri che nella capacità di somministrare i vaccini. Alcune arrivano al 25% altre al 5%". E proprio sulle regole, il presidente del Consiglio ha sottolineato che "servono regole comuni: partire dagli anziani e dalle persone fragili".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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